Categoria: Yoga e meditazione come accrescimento della “consapevolezza del sè” del Coach

Categoria: Yoga e meditazione come accrescimento della “consapevolezza del sè” del Coach

Yoga e meditazione come accrescimento della “consapevolezza del sè” del Coach

Buona nuova vita

È un dedica dell’autore sul suo ultimo libro: “Buona Nuova Vita”

 

Per la prima volta nero su bianco quello che avevo fatto in quest’ultimo anno:  lasciato il mio lavoro sicuro, un lungo viaggio a Bali, il diploma da insegnante di Yoga, un percorso da Coachee… ma soprattutto mi ero dedicata del tempo per permettermi di diventare la persona che meritavo di essere. Un po’ più saggia, innanzitutto. E poi compassionevole, presente, consapevole, calma, positiva, gentile.

 

Da tempo avevo liberato il desiderio ardente di evolvermi come persona, capendo che la chiave di tutto, per me, era raggiungere una maggiore consapevolezza di me stessa, di quello che volevo essere, dei miei valori, dei miei punti di forza per rapportarmi con il mio mondo in modo diverso.

 

Questo viaggio (che è sempre in divenire, un lungo viaggio verso una meta ancora sconosciuta) lo sto intraprendendo attraverso la pratica quotidiana di yoga e meditazione.

 

”La pratica salva” (cit.)

La definizione classica in Sanscrito dello Yoga, dallo yoga Sutra di Patanjali è “chitta-vritti-nirodhah” – il completo acquietarsi (nirodhah) dell’attività (vritti) della mente (chitta).

 

Riuscire ad unire il corpo con il respiro e la mente ci permette di entrare in uno stato meditativo in cui il momento presente (qui ed ora) diventa il centro di tutto ed ogni turbinio di pensieri sul passato o sul futuro viene lasciato andare.

 

Meditare significa quattro non-cose: non-azione, non-desiderio, non-giudizio e non-attaccamento.

 

Non-azione: la meditazione è una resa incondizionata, praticare la non-azione significa imparare a fare un passo indietro o ancor meglio, il primo passo è non fare alcun passo. Restare ancorati a questo luogo, a questo momento, è tutto ciò che serve.

 

Non-desiderio: significa non avere nessuna aspettativa, mediti per vedere le cose come stanno. Non c’è brama in te, c’è solo presenza, osservazione e accettazione. C’è solo la verità, qui ed ora (cerca di stare nel Kairos).

 

Non-giudizio: significa che non dai un giudizio a ciò che osservi: i tuoi pensieri non sono buoni o cattivi, belli o brutti: sono pensieri, e li osservi uno a uno senza classificarli. Non è necessario etichettare ogni singola cosa:

Tu sei, e basta (just be).

 

Non-attaccamento: significa che non sei i tuoi pensieri, tu osservi i tuoi pensieri, è come se fossi un faro nella notte: dove punti la luce, illumini qualcosa. Ma quel qualcosa non sei tu. Non sei il tuo corpo, non sei la tua mente e non sei nessuna delle tue emozioni. Tu sei solo il faro di consapevolezza che illumina tutto questo.

 

Esisti e osservi, senza azione, desiderio, giudizio e attaccamento.

 

Un filo invisibile (ma mica tanto)

Nel mio percorso da Coach ho capito fin da subito, che tutto quello che stavo approfondendo nella mia pratica personale era legato da un filo invisibile alle competenze che stavo apprendendo.

In questa meravigliosa professione, il coach deve essere in possesso anche di quelle competenze trasversali che non si possono imparare studiando dai libri, ma che devono derivare da un lavoro profondo e continuo su sé stesso, tanto che sia AICP che ICF danno indicazioni specifiche a riguardo:

 

AICP ha declinato le competenze distintive per la professione di Coach secondo due asset fondanti:

 

1_ Autonomia: avere competenza del processo di Coaching acquisendola attraverso lo studio, l’esperienza, la specializzazione in un miglioramento continuo.

 

2_Responsabilità: sempre “piena” e “completa” ed è relazionata alla consapevolezza di assumere l’incarico in congruenza verso sé stessi e verso il Coachee; si specifica che questo concetto va oltre il semplice rispetto delle regole e dei codici di condotta, ma enfatizza l’importanza della consapevolezza e della conoscenza di sé come elementi essenziali per onorare i Coachee e la professione di Coaching.

 

La prima competenza che viene indicata da AICP nella responsabilità è proprio la CONSAPEVOLEZZA DI SE’: Conoscenza delle proprie risorse, potenzialità, valori e credenze.

 

Un Coach deve avere le capacità di:

  • Effettuare un’autovalutazione accurata delle proprie risorse, dedicandosi all’autosviluppo
  • Comprendere i propri punti di forza e le aree di miglioramento ed i loro effetti sulla interazione con gli altri, esercitando un autocontrollo di sé su abitudini e schemi di pensiero
  • Creare una pratica riflessiva per migliorarsi ed apprendere dall’esperienza, riconoscendo gli stati emotivi propri e del Coachee, comportandosi in coerenza con i propri valori e credenze

 

Anche ICF nel suo modello delle Core Competencies include l’importanza di una continua pratica da parte del coach su sé stesso, per esprimere un buon livello di Coaching mindset :

  • Sviluppare una pratica riflessiva continua per migliorare la propria capacità di essere coach
  • Utilizzare la consapevolezza di sé e la propria intuizione a beneficio dei clienti
  • Sviluppare e mantenere la capacità di gestire le proprie emozioni
  • Prepararsi mentalmente ed emotivamente per le sessioni
  • Mostrare supporto, empatia ed interesse per il cliente
  • Dimostrare apertura e trasparenza come un modo per mostrare vulnerabilità e creare fiducia con il cliente
  • Rimanere concentrato, in osservazione ed empatico
  • Gestire le proprie emozioni per rimanere presente con il cliente
  • Creare o lasciare spazio per il silenzio, pause o riflessione

 

Da quanto indicato sia da AICP che da ICF, si deduce che un bravo Coach deve saper creare una propria identità personale che lo renda reale ed autentico agli occhi del Coachee per instaurare una relazione di fiducia: le competenze del fare devono diventare caratteristiche dell’essere del Coach.

 

 

Le “4A” nella meditazione

Credo che le “4A” della Relazione Facilitante dovrebbero essere attitudini del Coach non solo nei confronti del Coachee, ma anche come atteggiamento nei confronti di sé stesso.

“Predicare bene e razzolare male” può diventare un grosso rischio per la professionalità e la credibilità del Coach; naturalmente non si può credere che un Coach si trasformi d’improvviso in uno Yogi illuminato che ha raggiunto il Nirvana!

 

Un Coach consapevole deve però essere facilitante ed aperto:

 

All’ Accoglienza di sé, della propria unicità, delle proprie risorse, dei propri lati oscuri – Just be – il non-giudizio

 

All’ Ascolto di sé, delle proprie emozioni, dei propri sentimenti, fermarsi per elaborarli e imparare a gestirli – la non-azione

 

All’ Autenticità di sé, lasciare da parte l’ Ego e la brama di dimostrare, non identificarsi con le proprie azioni, le proprie convinzioni, i propri problemi, imparare semplicemente ad osservarli e comprenderli – il non-attaccamento

 

All’ Alleanza con sé, aderire incondizionatamente al proprio essere, senza se e senza ma, ai propri valori, ai propri progetti – il non-desiderio

 

Ecco che praticare i fondamenti della meditazione (i non- ) può aiutare il Coach a sviluppare quelle caratteristiche personali che andranno a creare un’ efficace relazione facilitante con sé stesso e una maggiore consapevolezza del proprio “Sé” interiore.

Un Coach che acquisisce ed esercita una buona consapevolezza emotiva personale sa:

  • riconoscere le proprie emozioni ed i loro effetti
  • quali emozioni sta provando in quel determinato momento e perché
  • si rende conto del legame tra i propri sentimenti e ciò che pensa, fa e dice
  • riconosce l’impatto delle proprie risposte emotive sugli altri e sull’ambiente

 

Tutto questo si riflette poi sulle proprie potenzialità nelle sessioni di Coaching perché lo aiuta a mettere in campo quelle competenze e strumenti che già conosce ed ha sperimentato su se stesso.

Infatti impara ad essere concentrato sul momento, a gestire le proprie emozioni per rimanere presente con il Coachee, riuscendo ad accoglierlo ed ascoltarlo in modo autentico alleandosi in una relazione di fiducia semplicemente perché è centrato nel suo ruolo e soprattutto presente nel suo sentire.

“Le convinzioni limitano, il dubbio stimola, la conoscenza rafforza, la consapevolezza illumina” (detto Zen)

 

 

Callegari Luisa 

Insegnante di Yoga | Fundraiser per “I Bambini delle Fate” | Coach professionista
Ferrara
luisacallegari74@gmail.com

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