
Walking Coaching
Il viaggio lento, per rigenerarsi
Sta decisamente aumentando il numero di viaggiatori in cammino sulla via Francigena, ovvero quel fascio di tracciati, detti anche Vie romee, che nel Medioevo erano percorsi dai pellegrini dell’Europa occidentale che si recavano a Roma; e dalla capitale della cristianità c’era poi chi proseguiva per i porti della Puglia per imbarcarsi verso la meta di Gerusalemme. Altrettanto conosciuta è la meta di Santiago di Compostela, dove sono arrivati nel 2021 quasi 180.000 (prima del covid erano il doppio) pellegrini a piedi o in bicicletta.
Il fenomeno dei cammini e dell’escursionismo da qualche anno è diventato un macro trend anche in Italia che, in merito a questa tipologia di turismo, aveva un certo ritardo verso i Paesi del centro e del nord Europa.
I dati statistici sul flusso dei cammini in Italia ce li ha restituiti Terre di Mezzo lo scorso 30 aprile in occasione della Fiera “Fa’ la cosa giusta!” di Milano e il Ministero italiano del Turismo con un report presentato l’11 maggio 2022.
Dopo il confinamento imposto dal Covid-19, e anche per evitare i luoghi affollati, i cammini sono stati vissuti come un modo sostenibile e sicuro di viaggiare, alla riscoperta di ritmi più lenti in armonia con la natura. Un turismo etico, responsabile e molto prezioso per le comunità locai attraversate. Possiamo attribuire solo a questo i motivi del loro successo? Sicuramente no.
È impossibile fare un viaggio sulla Via Francigena, ma anche altri numerosi itinerari culturali che affondano le loro radici nella culla del cristianesimo, senza farsi domande antiche e primordiali: cosa ci faccio qui? Cosa succederà dopo la mia esistenza terrena? Oppure domande più semplici, come “quale strada devo prendere per ritrovare il mio cammino”, “come posso rialzarmi da terra”; “come posso uscire da questa situazione”.
La vita quotidiana ci spinge alla massima velocità, alla ricerca della prestazione, al raggiungimento di un traguardo dietro l’altro. Siamo alle prese con le nostre email e catene infinite di messaggi su whatsapp. Siamo alle prese con scadenze progettuali da rispettare e risposte da formulare ai nostri clienti. Dobbiamo risolvere problemi, ogni giorno. Allo stesso tempo siamo travolti da una comunicazione attorno a noi che sui social racconta tutto e il contrario di tutto, con polemiche quotidiane da inseguire, smentire, controbattere. E’ una società, la nostra, spesso incentrata sui nostri pc, email, smartphone, social network e le risposte che dobbiamo dare, subito.
In questo contesto, diventa difficile recuperare tempo per noi, tantomeno avere spazio, ritrovare silenzio. Difficile porsi domande profonde, che siano di natura spirituale oppure legate alle decisioni da prendere nella nostra vita.
Quando invece ti svegli presto al mattino, fai colazione, racchiudi il tuo mondo nello zaino e parti per il cammino, succede qualcosa al tuo corpo, alla tua mente, al tuo cuore: si allineano e iniziano a lavorare in modo diverso. Cambia il tuo ritmo ed entri in una dimensione nuova, quella del viaggio alla velocità di 4km/h. E’ un viaggio che cambia le tue prospettive, cambia il tuo modo di vedere il mondo e di interagire con le persone che incontri. Arrivare ad una meta, qualsiasi essa sia, dopo aver affrontato un viaggio a piedi cambia la tua percezione con quel luogo.
Un esempio, banale: chiunque di noi è stato a Roma, magari arrivandoci in auto, treno, corriera, aereo. Ma arrivare in questo luogo dopo aver fatto centinaia di km a piedi non è la stessa cosa che arrivarci con quei mezzi di trasporto. Innanzitutto per una questione di tempo. Da Milano a Roma oggi con l’alta velocità in treno impieghiamo tre ore esatte, consideriamo invece meno di un’ora se ci spostiamo con l’aereo. A piedi, invece, ci vogliono circa 30 giorni, giorno in più o in meno. In secondo luogo perché in questo viaggio, succede qualche cosa di importante dentro di noi: un passo dietro l’altro stimolano il nostro pensiero, la nostra riflessione. Camminare è un gesto semplice che può addirittura diventare meditazione. Un viaggio di turismo lento, ecologico, di 30 giorni ci cambia, ci trasforma, ci aiuta ad uscire dalla nostra zona di confort. E’ una esperienza che induce al cambiamento dal punto di vista sociale, personale e ambientale.
Attraverso il cambiamento delle nostre azioni possiamo diminuire l’impatto negativo sul territorio che si attraversa in viaggio, mentre possiamo produrre un impatto positivo sul tessuto socio-culturale sostenendo e facendo conoscere piccole realtà che si incontrano. Succede anche un’altra cosa, non marginale: entriamo in connessione con se stessi.
Il viaggio a piedi diventa uno strumento per conoscere con lentezza luoghi ed esperienze, dandosi il tempo per apprezzarli e per riflettere durante il cammino. Il cammino stesso è un importante “generatore di pensiero”: camminare è un atto di assoluta libertà che oltrepassa quel che i piedi ci consentono di fare. Un gesto automatico, tipicamente umano e che oggi assume un valore quasi rivoluzionario, aperto alle molteplici intenzioni del viandante poiché camminare significa aprirsi al mondo. Il cammino ci aiuta a riappropriarci della cosa più importante che tutti cerchiamo, il tempo.
“Il piacere di camminare si contrappone a quello della casa, a tutte le gioie della stabilità […]. Essere qui o là non è che una modulazione del cammino. In realtà, il viandante non si domicilia nello spazio ma nel tempo: la sosta serale, il riposo notturno, i pasti inscrivono nella continuità del tempo un’abitazione che ogni giorno si rinnova. Il viandante afferra il suo tempo, non si lascia afferrare dal tempo.”
D. Le Breton
La mia esperienza
Sono fortunato. Posso dedicare tempo al cammino, esercitandolo durante l’anno in molteplici occasioni spesso legate al lavoro che svolgo. Ma si tratta di una grande passione che cerco di alimentare nella quotidianità, muovendomi sempre a piedi quando è possibile ed utilizzando mezzi ecologici come preferenza.
La prima esperienza l’ho fatta nel 2005 e nel 2006 sul cammino di Santiago de Compostela lungo gli 800km che separano i Pirenei con la meta di Santiago e di Finis Terrae, quel luogo mitico che segna un confine fra la terra e l’Oceano. I motivi di questo viaggio sono stati in primis di studio e lavoro, legati al master in economia del Turismo presso l’Università Cattolica di Piacenza che stavo seguendo. Durante e dopo quel viaggio qualche cosa di grande è avvenuto nella mia vita.
Prima di tutto, ho iniziato a collaborare con l’Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF), divenendone nel 2016 il direttore. In secondo luogo, mi ha aperto la mente verso l’universo del turismo lento, il mondo dei cammini e il dialogo interculturale tra i popoli europei. Nel 2007 e 2009 ho percorso a piedi la Via Francigena, nel 2013 il Cammino Podense (Francia), nel 2014 il Cammino di Stevenson (Francia), 2015 la Via Tolosana (Francia), nel 2016 la Via Salentina (Italia), nel 2017 il cammino portoghese, nel 2018 il Menalon Trail (Grecia). Nel 2021 ho avuto la fortuna di percorrere nuovamente la Via Francigena, in occasione dell’evento “Road to Rome” realizzato per celebrare i 20 anni AEVF, nel tratto francese e svizzero, oltre che quello del sud Italia in Puglia. E’ stato un viaggio epico di quattro mesi che ha permesso di incontrare oltre 400 comuni, le comunità locali, tantissime associazioni. Un viaggio che mi ha permesso di apprendere molto.
Sulle mie gambe oggi ci sono oltre 6.000 km, a passo lento, con zaino sulle spalle.
Cosa mi lega al cammino e cosa mi spinge a continuare a farlo? Trovo in questa modalità di spostamento e di turismo slow un forte senso di appagamento dei miei bisogni di conoscenza, di scoperta, cultura e legati al mantenere in movimento il mio corpo. Camminare fa bene anche all’umore: mi aiuta a meditare, a riflettere, a prendere decisioni. E’ anche un modo per condividere e per far circolare le idee con altre persone.
Ma per me c’è qualche cosa di più, che va al di là del semplice gesto del camminare. E’ la ricerca dell’Assoluto e la consapevolezza che si tratta di un viaggio, autentico e emozionale, in grado di riconciliarmi con il mondo per aiutarmi a trovare la mia dimensione, il mio spazio e il mio equilibrio.
Credo che la bellezza di queste esperienze “on the road”, a prescindere da quali siano le motivazioni che spingono ogni persona a viverle, sia quella di una trasformazione interiore dell’individuo. Ognuno con la sua storia, con il proprio background, con il proprio tempo.
Dopo la pandemia, la risposta a questo bisogno di trasformazione è ancora più forte e credo sia fondamentalmente nelle nostre mani, ma anche nei nostri piedi.
Le analogie e le similitudini con il Coaching
Il cammino è qualcosa di semplice che ci invita a muoverci in una direzione. Durate il cammino la prima cosa che facciamo è quella di svuotare e alleggerire il nostro zaino, togliendo da esso il peso del superfluo.
Nel cammino cerchiamo un obiettivo da raggiungere. Non necessariamente dovrà essere una meta finale, ma potrà essere un luogo o un punto dal quale successivamente ripartire.
Il cammino ci aiuta a far crescere e a valorizzare il nostro potenziale, aiutandoci a trovare dentro di noi le motivazioni e le risorse.
Il cammino è relazione con l’altro, incontro, scambio e conoscenza. Ma anche apprendimento e fiduciaverso i nostri compagni di viaggio. Lungo il nostro sentiero si creano un flusso e una energia positiva. Durante l’esperienza di cammino si vivono sentimenti di paura, positività, dolore, rabbia, sconforto, gioia.
Nel cammino troviamo tanto silenzio. Un silenzio costruttivo che favorisce una riflessione consapevole e che spesso aiuta a trovare una risposta alle nostre domande.
Il cammino è lentezza che sta nella dimensione Kairos del tempo presente, del “qui e ora”. Quando camminiamo siamo nel nostro tempo, “non un passo avanti, non un passo indietro”.
Infine, il cammino ci permette di spogliarci dei nostri occhiali con i quali guardiamo il mondo. Impariamo ad osservare con altri occhi e a lasciar andare ogni pregiudizio.
Nel cammino e lungo i suoi confini troviamo quattro “A”, importanti.
– Accoglienza: verso il prossimo e verso tutti coloro che incontriamo. Una accoglienza gratuita, piena di generosità e calore;
– Ascolto: verso noi stessi, verso chi è al nostro fianco;
– Autenticità: ci si leva qualsiasi maschera, qualsiasi abito;
– Alleanza: si crea un patto di fiducia e reciprocità con chi incontriamo lungo il cammino, con chi ci accoglie, con chi ci guida.
Il coaching è un cammino che prevede una fase di esplorazione e di elaborazione. Infine, una fase di esecuzione che arriva nella fase finale del percorso. Trovo la metafora del cammino quantomai appropriata.
- Partiamo appunto con la fase di esplorazione, all’inizio del nostro viaggio. Una esplorazione del nostro io interiore che si accompagna alla fatica e alla stanchezza avvertita dal nostro corpo. I muscoli delle gambe e delle spalle non sono abituati ad uno sforzo fisico così prolungato, al quale si aggiunge il peso dello zaino. In questa fase affrontiamo dubbi, incertezze, paure, ma anche momenti di sconforto. Iniziamo anche ad avvertire il bisogno di cambiamento e, soprattutto, quello di “alleggerire” il peso dentro di noi.
- Avviene poi la fase di elaborazione. L’intercedere lento dei passi favorisce il flusso energetico dei ricordi, dei pensieri, delle scelte. C’è il momento della gioia allo stato puro che si può fondere con un pianto di felicità e di liberazione, ma anche di sofferenza. E’ una fase di cambiamento e trasformazione dove prendiamo consapevolezza del nostro cammino. Lasciamo impregnare sulla tela della nostra vita pennellate di colore generate dall’allineamento tra cuore, testa, gambe.
- Infine, la fase di esecuzione. Arriviamo alla meta, cercata e voluta con tutte le nostre forze. La meta ci porta con passione al nostro obiettivo finale che diventa per noi M.A.R.T.E.R (Specifico; Misurabile; Attuabile; Rilevante; Temporale; Ecologico; Registrato)
E’ la fase di rinascita dove la persona rifiorisce e può avvicinarsi allo stato di assoluto “flow” dove si perde il senso dello spazio e del tempo, si vive uno senso di felicità e si percepisce uno stato d’animo fortemente positivo, sereno.
Coaching in cammino
Il coaching in cammino diventa una perfetta sintesi che coniuga il movimento fisico e personale. Si tratta di un training orientato al benessere e all’azione che ci può aiutare a raggiungere obiettivi facendo evolvere il nostro pensiero. Vengono messe in connessione stretta la nostra mente e il nostro corpo, in tutte le sue parti.
L’esperienza di coaching in cammino facilita lo sviluppo del pensiero laterale, quello che permette di uscire dagli schemi per trovare nuovi angoli di interpretazione per affrontare le situazioni. Anche il flusso di emozioni e di sensazioni viene facilitato e diventa più fluido con questo processo di movimento.
La camminata ovviamente non deve avvenire in un sentiero CAI di montagna o lungo una via di pellegrinaggio con una meta finale. E’ sufficiente un luogo all’aperto, non affollato, dove si svolge una passeggiata circolare di un’ora. In questo contesto la relazione tra “coach”/guida e “coechee”/viandantediventa più forte ed avvicina a livello emotivo. Si cammina lentamente per unire il movimento al pensiero, l’azione al ragionamento, il respiro alle emozioni per mettere a fuoco e raggiungere un obiettivo. Un modo per uscire dagli schemi classici e trovare nuove prospettive per individuare soluzioni a problemi, siano essi di natura personale, lavorativa, sportiva. Si allenano il pensiero creativo e il pensiero laterale.
A chi si rivolge l’esperienza? Alle persone singole ma anche ad un piccolo gruppo di persone che hanno un obiettivo comune da raggiungere, oppure un accordo da trovare. Lo si può immaginare anche per gruppi aziendali con percorsi residenziali che alternano momenti di confronto, riflessione, cammino nel verde e spazi aperti.
Luca Bruschi
Direttore Associazione Europea Vie Francigene
Fidenza (PR)
bruschiluca@libero.it
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