
The Health Coaching
Che cosa permette di reagire di fronte alle situazioni di sofferenza, da quelle più gravi, come una guerra, un’alluvione, una malattia, a quelle frequentemente riscontrabili quotidianamente? Che cosa fa sì che due persone, poste nella medesima situazione, reagiscano con modalità differenti a tali sofferenze, chi in modo positivo e propositivo, chi in modo negativo?
Ho tratto spunto da queste riflessioni perché nel mio elaborato vorrei cercare di applicare alcuni principi della psicologia positiva al concetto di Health Coaching e destinare questi temi alla cura di sé, in particolare alla cura di sé quando questo è indebolito dalla malattia.
Sono profondamente convinta che l’atteggiamento della persona possa mutare l’effetto della malattia e laddove questa sia troppo forte per farsi sconfiggere dalla speranza, quest’ultima possa comunque rendere la vita residua più felice, diminuendo la spiacevole sensazione di impotenza.
Data la mia precedente formazione come psicologa, ho recuperato i concetti della psicologia positiva di Seligman, ho scoperto la resilienza e approfondito la teoria di Viktor Frankl e li ho voluti applicare al coaching. In particolare ho pensato al coaching come metodo attraverso cui si possono sviluppare le potenzialità in un percorso di cura di sé quando il sé è in difficoltà.
LA PSICOLOGIA POSITIVA DI SELIGMAN
Nell’ambito delle scienze mediche e sociali l’ultimo decennio è stato caratterizzato da una crescente attenzione allo studio del benessere e della qualità della vita.
In psicologia lo studio del benessere soggettivo ha dato origine al vasto e sfaccettato movimento della Psicologia Positiva di Seligman.
La Psicologia Positiva ha fornito contributi fortemente innovativi a livello teorico ed applicativo: essa enfatizza il ruolo fondamentale delle risorse e potenzialità dell’individuo, che le ricerche precedenti, volte ad analizzare carenze, deficit e patologie non mettevano in luce.
Ciò rappresenta un autentico capovolgimento di prospettiva: si privilegiano interventi finalizzati alla mobilizzazione delle abilità e risorse della persona, anziché alla riduzione o compensazione delle sue limitazioni. Uno dei pilastri nell’indagine scientifica della psicologia positiva è lo studio dei tratti individuali positivi che ha avuto la sua massima espressione nel manuale “Character strengths and virtues” elaborato da M. Seligman e C. Peterson.
Questo manuale si concentra sulle caratteristiche positive degli esseri umani, in particolar modo sui punti di forza del carattere che rendono le vite delle persone più felici.
Esse sono presenti in ogni individuo e, in maniera rilevante, in tutte le persone considerate virtuose, cioè dotate di carattere positivo.
Le virtù si manifestano attraverso 24 potenzialità (strengths,) di cui ogni persona ne possiede almeno 5 caratterizzanti che possono essere padroneggiate.
Nell’ambito delle potenzialità e dei tratti psicologici, vorrei fare particolare riferimento agli studi che Seligman ha svolto relativamente all’ottimismo in ambito medico. Nel 1976 insieme all’infermiera Madelon Visintainer, condusse una serie di studi al termine dei quali concluse che l’ottimismo e la possibilità di scelta e di controllo, potevano salvare delle vite e che lo stato di disperazione poteva peggiorare le condizioni di salute fino a portare alla morte.
Non voglio definire l’ottimismo come quella capacità, irreale e sterile, di vedere la vita in rosa, non deve essere una caratteristica stabile anche quando non si concilia con la realtà, ma come la definisce Seligman, un ottimismo flessibile: “le abilità dell’ottimismo non discendono da un mondo paradisiaco. Non consistono nell’imparare a dire cose positive a se stessi….le dichiarazioni positive dette a se stessi hanno poco effetto o nullo. Il punto cruciale è cosa pensi quando “fallisci”….cambiare i pensieri distruttivi che rivolgi a te stesso quando fai esperienza di una delle avversità che la vita ti riserva costituisce un’abilità cruciale del tuo benessere”.
VIKTOR FRANKL
Frankl fu neurologo, psichiatra e filosofo austriaco, uno dei fondatori dell’analisi esistenziale e della logoterapia, la psicologia che pone come tesi centrale della propria prassi clinica la cura attraverso la scoperta del significato dell’esistenza e dei suoi valori fondamentali.
Dal 1942 al 1945 fu prigioniero in quattro campi di concentramento nazisti e a partire dall’esperienza della deportazione, scrisse i volumi “Alla ricerca di un significato della vita” e “Uno psicologo nei lager”.
Secondo Frankl, quando l’individuo non si sente “significativo”, cerca compensazione in gratificazioni artificiali o in comportamenti distruttivi.
Sempre invece per l’uomo c’è una possibilità di realizzare se stesso. Questo è il monito della logoterapia.
E’ durante l’esperienza nei lager che nasce l’intuizione dell’importanza della ricerca di senso nel proprio vissuto, che definisce anche trascendenza, ossia l’orientamento dell’esistenza umana al di la di sé, verso qualcosa che non è se stessa.
Infatti, nei lager i prigionieri che avevano più possibilità di sopravvivere erano quelli che si orientavano verso il futuro e verso un senso che avrebbe trovato realizzazione nel futuro.
La profonda ricerca di senso nella vita, visto come stimolo per continuare nei momenti di tragica difficoltà così come nella quotidianità, la collego ai principi delle potenzialità di Seligman e ai suoi studi sull’ottimismo, alla trascendenza come virtù dell’uomo che sa guardare oltre se stesso.
La “dimensione di senso”, il dare senso alla propria esperienza di vita, ha a che fare con la capacità di affrontare lo stress e la promozione del benessere in quanto ci permette di leggere gli stimoli provenienti dall’esterno o dall’interno come comprensibili, fronteggiabili e significativi.
IL CONCETTO DI RESILIENZA
Capita frequentemente di vedere come alcune persone si riprendano abbastanza efficacemente dagli eventi traumatici, mentre altre sembrano incapaci di uscire da situazioni negative, come se fossero trattenute.
Nel primo caso non si parla di fortuna, ma di un costrutto psicologico che prende il nome di resilienza. Il termine deriva dal latino e significa rimbalzare, ma anche non essere toccati da qualcosa di negativo.
In psicologia la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità; significa adattarsi alle richieste di cambiamento delle esperienze stressanti e saper riorganizzare positivamente la propria vita anche di fronte alle difficoltà per auto-dirigersi verso un accrescimento del benessere personale.
Dalla psicologia dello sport, Pietro Trabucchi definisce persone resilienti coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.
La resilienza si avvale di tutori che aiutano a svilupparla e mantenerla, tra questi troviamo:socializzazione, umorismo, creatività, autostima, autoefficacia, locus of control, ottimismo. La “resilienza” può essere appresa, sviluppando l’autostima, l’autoefficacia, l’abilità di tollerare le frustrazioni della vita, la capacità di risolvere i problemi e di produrre cambiamenti, la speranza, la tenacia, il senso dell’umorismo. La resilienza non è dunque una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone invece comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque in qualunque circostanza.
Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita o essere infallibili, ma è resiliente chi è disposto al cambiamento quando necessario, chi è disposto a pensare di poter sbagliare, ma anche chi si dà la possibilità di poter correggere la rotta.
L’HEALTH COACHING
L’Health Coaching, è un processo che facilita un percorso di salute, un’attitudine al comportamento sostenibile, attraverso una “sfida” che invita il coachee ad ascoltare la propria saggezza interiore, identificare i valori trasformando i suoi obiettivi in azioni concrete. L’Health Coaching rientra nell’ambito del life coaching ed è utilizzato in varie discipline come la psicologia, il servizio sociale, l’assistenza infermieristica, la filosofia orientale, la salute olistica e nei campi della gestione del benessere e affonda le sue radici nella cura degli alcolisti da parte della psicologia.
Dai primi anni 90 The National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism conduce alcuni studi che comparano diversi metodi di approccio all’alcolismo.
I risultati hanno dimostrato che nonostante fossero tutti ugualmente efficaci, i colloqui motivazionali si dimostravano più convenienti e tempestivi nel raggiungimento dei risultati desiderati. Grazie al successo di questo e di altri progetti, i ricercatori sono stati profondamente incentivati ad utilizzare questo approccio e a studiare come il suo uso possa influenzare il cambiamento dell’approccio alla salute in persone con malattie croniche.
L’Health Coach è un professionista che si occupa di accompagnare e sostenere la persona nel suo percorso di “guarigione” e di consapevolezza, dallo stato di malattia-malessere, allo stato desiderato di risoluzione del conflitto o della causa sintomatica, ovviamente il tutto in conformità alle leggi biologiche che ne regolano l’esistenza.
La relazione tra salute e coaching si avvicina molto al concetto di educazione sanitaria, intesa come ruolo, spesso molto direttivo, che assume un professionista sanitario, nei confronti delle persone che esprimono un bisogno di salute. Generalmente il coach aiuta il coachee a raggiungere i propri obiettivi, a facilitare il processo di apprendimento e la conoscenza dei propri obiettivi di salute. Se il concetto di Health Coaching è la messa a fuoco degli obiettivi, il professionista può contribuire ad educare il coachee su specifici argomenti relativi alla propria salute e sul raggiungimento di “buone pratiche”, al fine di facilitare la promozione di un comportamento sano ed il raggiungimento di obiettivi di benessere.
Nell’approccio classico alla malattia, malattia e malessere vengono scoperti in laboratorio e la persona coinvolta diventa un osservatore passivo che deve subire senza poter fare nulla.
Essa stessa diventa il suo sintomo.
La persona è deresponsabilizzata e deve affidarsi ad un professionista che si impegnerà a risolvere il problema.
Nell’Health Coaching, non si possono eliminare i sintomi, ne rimuovere la malattia.
La malattia però viene identificata come un evento che riguarda la persona, la quale non è solo la sua malattia ma tutte le emozioni, i disagi e i dolori che prova in relazione alla malattia stessa.
In questa dimensione, il coachee può partecipare attivamente al processo di guarigione e cura che lo attende, non solo attraverso la terapia farmacologia, ma anche attraverso la conoscenza di sé e di tutte quelle parti che potranno aiutarlo ad affrontare la malattia.
GLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE DELL’HEALTH COACHING
Studiando il metodo del coaching e le teorie ad esso collegate, ho pensato ad alcuni strumenti che il coach può proporre al coachee in un processo di maggiore conoscenza di sé e del percorso che sta intraprendendo nella cura della malattia.
L’obiettivo che mi pongo è quello di far si che il coachee si senta maggiormente partecipe nel percorso di cura e possa percepire la possibilità di scelta e controllo.
Questo nella logica secondo cui il prendersi cura di sé non riguarda solo lo stato sanitario e medico, ma anche i propri bisogni, le proprie emozioni e pensieri; il fine è quello di ricontattare tutte le risorse che abbiamo naturalmente a disposizione e che spesso ci si dimentica di possedere.
Nel rispetto del coachee e delle sue esigenze, gli strumenti che ho pensato fanno riferimento ai concetti che ho precedentemente analizzato, quindi: le potenzialità e virtù del coachee, in particolare coraggio, umorismo ed ottimismo, la ricerca del senso della vita e la motivazione interna e la resilienza.
I primi fondamentale strumenti di cui si può far uso in modo trasversale a tutto il percorso, sono l’ASCOLTO e la NARRAZIONE per cogliere il significato che il coachee da all’esperienza e come la colloca rispetto alla sua vita.
Rispetto agli altri argomenti trattati, alcuni degli strumenti a disposizione possono essere:
- feedback positivo rispetto alle potenzialità che il coachee riporta di avere anche durante il racconto; questo potrebbe aiutarlo a favorire la consapevolezza dei suoi punti di forza e stimolarne l’uso;
- l’uso di questionari per mettere in luce potenzialità e virtù;
- proporre di usare tutti i giorni almeno 2 delle potenzialità che il coachee scopre di avere o racconta di avere; dovrà tenere un report di come si è sentito nel momento in cui ha utilizzato le sue potenzialità; questo può favorire l’ottimismo e la percezione positiva di sé;
- tenere un diario in cui raccontare la propria giornata con particolare riferimento agli avvenimenti positivi che hanno determinato benessere. In base a ciò che viene raccontato, questo strumento può aiutare il coachee a sentirsi protagonista della sua vita, a sentire la vicinanza delle persone significative e magari interrompe i pensieri negativi e ricorrenti; inoltre aiuta a cogliere il senso della vita e delle azioni compiute;
- tra un sessione e l’altra scrivere almeno 3 cose positive accadute;
- scrivere una lettera di gratitudine ad una persona cara per ricordare che avere persone vicine è importante nella logica in cui la socialità aiuta a prevenire la depressione ed il senso di solitudine ed impotenza;
- porsi degli obiettivi minimi relativamente alla propria salute fisica: questo aiuta a sviluppare il senso di cura del sé, a percepire meno senso di impotenza e favorisce un locus of control interno (per esempio se smetto di fumare o cerco di limitarmi, la mia cura avrà più beneficio e questo dipende solo da me);
- durante le sessioni si possono porre alcune domande per favorire la scoperta di risorse positive.
Questa tesina rappresenta il mio intento di mettere la persona al centro.
Mi è capitato tante volte di provare la brutta sensazione di sentirmi impotente di fronte a chi percepivo più forte di me e sono rimasta profondamente colpita quando ho scoperto che il coaching è un metodo in cui le persone coinvolte si trovano in una posizione simmetrica, in cui l’uno ha completa fiducia nell’altro.
Il coach è il primo discepolo del coachee.
E allora ho pensato che se questa condizione potesse nascere anche laddove esiste la difficoltà e la malattia forse, chi per forza si trova in una posizione asimmetrica, potrebbe recuperarsi e non essere solo il suo sintomo, ma soprattutto se stesso.
C’è ancora molto da studiare…..
ELENA GADALDI
PSICOLOGA
LIFE & BUSINESS COACH
francesco
13 Ottobre 2014at1:13Buonasera.Sono un ragazzo di 24 anni appassionatissimo di sana alimentazione.Sono laureato in Tecnologie Alimentari.Per diventare health coach e’ per caso necessario frequentare una scuola/accademia particolare?Quali sono gli investimenti necessari per il tutto?Sono pure appassionato di formazione e crescita personale.A presto e grazie in anticipo per le informazioni.buona serata.
Elena Gadaldi
17 Ottobre 2014at10:09Gent.le Francesco,
per diventare coach è necessario frequentare una scuola e conseguire un attestato di coach.
L’investimento economico e temporale varia da scuola a scuola.
Io ho frequentato la scuola Incoaching a Milano ed il corso è durato circa tre mesi (due fine settimana al mese).
E’ stata un’esperienza molto utile e di certo indispensabile se decidessi di fare il coach.
Te la consiglio, ma se decidessi di fare altre ricerche, informati dalle scuole riconosciute dalla AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti).
Grazie mille a te.
Ciao
Elena
Letizia Saturni
18 Ottobre 2014at15:36Ciao Francesco
sono Letizia ed ho letto con molto interesse ciò che hai scritto e chiesto.
Condivido quanto detto/suggerito da Elena e mi permetto di aggiungere che personalmente ho fatto un percorso formativo abbastanza lungo per arrivare ad essere health-nutrition coach.
Sono partita come specialista in scienze dell’alimentazione e poi ho fatto il Master in Coaching – Corso di Alta Formazione Universitaria, a Roma.
Un percorso ottimo e di grande soddisfazione ma forse lungo nel tempo e non ti nascondo un pochino dispendioso!
Sulla base di ciò mi permetto di consigliarti il master in Health Coaching, attivato quest’anno per la prima volta presso l’Università di Camerino.
Questo il link che puoi consultare: http://www.iltuocoach.it/master-universitario-coaching-benessere-salute/
Questo il cellulare al quale mi puoi chiamare per avere ancora più dettagliate informazioni: 347 4351576!
Fammi sapere, ti aspetto 🙂
Grazie, Letizia
Francesco
30 Maggio 2015at19:56Buonasera. Sono sempre lo stesso ragazzo che vi aveva contattato ad ottobre per ricevere maggiori informazioni sulla professione dell’health coach. Dato che ho intenzione di associarla con una laurea triennale in naturopatia, come si può eventualmente conciliare il tutto con il vostro master. Sono interessato a ricevere maggiori informazioni in merito a quest’ultimo. Attendo una risposta quanto prima. Grazie tante in anticipo. Arrivederci e buon weekend. P.s. E’ possibile avere subito la possibilità di lavorare nel suddetto settore (almeno qui da noi in Italia) una volta conseguita la certificazione (magari presso uno studio e poi da libero professionista). Grazie ancora per le informazioni.