Teoria dell’autoefficacia
Vi è mai capitato di avere un amico, un parente o un conoscente di cui pensate “riesce sempre bene in quello che fa”? Una persona che ammirate per la sua capacità di cavarsela abilmente in diverse situazioni della vita e vi chiedete “ma come fa?”.
Non so a voi, a me è capitato e queste figure sono state e sono dei punti di riferimento e, se vogliamo, anche dei casi di studio per capire la strategia e i comportamenti adottati per vivere con gioia e appagamento.
Il senso di autoefficacia potrebbe essere una risposta a questi interrogativi.
Il concetto di autoefficacia
Lo psicologo canadese Albert Bandura, uno degli autori viventi di maggiore riferimento nella letteratura psicologica, nella sua teoria, definì il Senso di Autoefficacia come:
“le convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati.”
Non si tratta di una generica fiducia in se stessi ma della convinzione di adeguatezza per poter affrontare efficacemente determinati compiti, di sentirsi in grado di gestire specifici eventi e di essere a proprio agio nelle diverse situazioni.
L’autoefficacia è un concetto sostanzialmente diverso rispetto all’autostima poiché “Il senso di autoefficacia riguarda giudizi di capacità personale mentre l’autostima riguarda giudizi di valore personale.” (A. Bandura)
Il senso di autoefficacia è relativo al livello percepito di capacità e di efficacia legate alla sfera del proprio Fare, mentre l’autostima personale riguarda il giudizio di valore e la stima nella sfera dell’Essere della persona. Naturalmente, se una persona non si sente adeguata in una determinata attività, e se questa rientra nei propri parametri di valutazione personale, il senso di autoefficacia potrebbe intaccare anche l’autostima e la salute complessiva, come vedremo successivamente nei casi di stress da lavoro.
Il senso di autoefficacia non è l’insieme delle competenze che ci mettono nella condizione di fare bene qualcosa, ma è ciò che noi pensiamo riguardo le nostre possibilità di riuscire, e ciò regola poi il modo in cui ci poniamo davanti alle piccole e grandi scelte della vita.
Credere in te stesso non ti garantisce un successo sicuro. Ma non credere in te stesso produce senza dubbio un insuccesso. (A. Bandura)
Chiunque pensi di non farcela si è già arreso prima ancora di iniziare, non si pone obiettivi importanti e sfidanti, affronta qualunque situazione con il minimo sforzo o decide addirittura di non agire. Le ragioni che inducono alla paralisi possono essere diverse, dalla paura dell’ignoto al timore della disapprovazione altrui. Il compito del coach è quello di concentrarsi sempre sul senso di autoefficacia e sulla consapevolezza delle potenzialità del coachee, ricercando i suoi punti di forza e la motivazione intrinseca (competenze calde), invitandolo a riflettere e a prendersi cura di sé al fine di sviluppare il suo talento attraverso un allenamento mirato e continuo. Questo processo sarà poi fondamentale per la definizione degli obiettivi e per la realizzazione di un piano d’azione.
“Pensare da persona Senza Limite vuol dire non denigrarsi: significa rifiutare di ospitare pensieri autodistruttivi. Sottintende l’eliminazione del confronto con gli altri, permettendosi l’individualità che compete a ognuno di noi.”
(Wayne W. Dyer)
Il coaching è un metodo valido proprio perché, alla fine di un percorso, il coachee sarà in grado di proseguire autonomamente nel suo obiettivo, avendo elaborato un processo in cui ha acquisito il senso di autoefficacia. Per far sì che questo avvenga, il coach ha a disposizione, tra le altre, le quattro strategie suggerite da Bandura:
- Esperienze dirette di gestione efficace. Le esperienze personali e la memoria di situazioni affrontate con successo rappresentano una fonte notevole per acquisire il senso di autoefficacia. E’ compito del coach riuscire a fare emergere ed evidenziare le esperienze positive, passate e presenti, valorizzando le strategie intraprese e i successi ottenuti.
- Esperienze vicarie. L’osservazione di persone e modelli che ci circondano e che raggiungono i propri obiettivi attraverso l’azione e l’impegno incrementa in noi la convinzione di potercela fare. Il coach può trarre spunti utili dalla cultura (letteratura, arte, storia, etc.) o anche dalla propria esperienza personale per contribuire a rafforzare il senso di autoefficacia, indirizzando l’attenzione del coachee alla riflessione dei processi da cui sono scaturiti i successi dei modelli di eccellenza.
- Persuasione verbale. La fiducia che gli altri ripongono in noi aiuta certamente a sviluppare il senso di autoefficacia. Secondo Bandura “le guide persuasorie devono essere abili nel riconoscere i punti deboli e i punti di forza e nel creare attività individualizzate adatte a trasformare le potenzialità in capacità effettive. Inoltre, per far sì che lo sviluppo personale progredisca, le persone abili nell’infondere il senso di efficacia incoraggiano gli altri a misurare i loro successi in termini di miglioramento personale piuttosto che di superamento delle prestazioni altrui”.
- Stati fisiologici e affettivi. Una buona condizione emotiva e sentirsi fisicamente e psicologicamente bene aumenta sicuramente il senso di autoefficacia. Il coach, pertanto, può suggerire esercizi per l’allenamento delle potenzialità e promuovere nel coachee il benessere personale e la cura di sé.
Nella relazione tra obiettivo e prestazione, quindi, le convinzioni personali di efficacia e adeguatezza hanno un peso molto importante poiché influiscono sul livello di sfida degli obiettivi scelti, sulle strategie e sull’impegno necessario per perseguirli.
Secondo la teoria sociocognitiva, è la agentività (agency) la facoltà di far accadere le cose, di intervenire sulla realtà, di esercitare un potere causale. Sono le persone che contribuiscono a produrre con le loro azioni gli effetti che desiderano, e questo è ciò che poi stimola ad agire ulteriormente in un circolo virtuoso.
L’essere umano è un agente attivo e lo è ugualmente sia quando esegue un’azione sia quando medita sulle proprie esperienze. Albert Bandura identifica una “causazione reciproca triadica”, ossia tre classi di cause che influenzano la condotta dell’individuo:
- I fattori personali interni, costituiti da elementi cognitivi, affettivi e biologici;
- Il comportamento messo in atto in un dato contesto;
- Gli eventi ambientali dati dal contesto e dalle relazioni.
Nei confronti dell’ambiente, ogni individuo si pone attuando tre possibili comportamenti, ossia adattamento e integrazione all’ambiente a cui appartiene, miglioramento e modifica parziale del contesto o delle relazioni, oppure cambiamento e quindi rottura e uscita dal contesto attuale.
Il coach ha il compito di accompagnare il coachee nell’analisi del contesto e delle relazioni di appartenenza: la situazione ideale nella quale l’agentività della persona si può esprimere al meglio è quella di “allineamento” tra le potenzialità, l’ambiente e l’obiettivo prescelto. Il cliente potrà anche scegliere di programmare un piano d’azione di non ideale allineamento e sarà necessario, nel caso, renderlo consapevole che non sta utilizzando al massimo il proprio potenziale.
Poiché “se le persone non credessero di produrre con le loro azioni gli effetti che desiderano, avrebbero pochi stimoli ad agire…” (A. Bandura), è importante mantenere un buon livello di autoefficacia durante tutto il corso della nostra vita.
L’autoefficacia nei contesti lavorativi
Numerose ricerche nell’ambito del lavoro hanno dimostrato che le persone con bassa autoefficacia sono più inclini agli stress emotivi rispetto a quelle con elevata efficacia personale, che risultano, invece, più resistenti alle richieste, alle difficoltà e all’azione di fattori stressanti.
A parità di abilità e di competenze, la persona con un forte senso di autoefficacia sceglie obiettivi più alti, è più soddisfatta, utilizza le proprie capacità al meglio, è meno ansiosa, gestisce meglio i momenti di difficoltà e i propri fallimenti, è più determinata, e, in sostanza, ottiene risultati significativamente più apprezzabili di chi, al contrario, ha una percezione negativa delle proprie capacità.
Tutti gli individui sono intrinsecamente agentivi e dotati di una motivazione all’azione. Quando questo senso di efficacia si traduce nell’effettiva capacità di rispondere a dei bisogni, si raggiunge l’obiettivo di portare benessere agli altri nonché quello di poter crescere personalmente e realizzarsi nel lavoro. Quando si verifica, invece, una rottura del senso di efficacia, può verificarsi una condizione di stress da lavoro o addirittura la sindrome da burnout, ossia una forte sofferenza individuale, un esaurimento emozionale che porta a provare disinteresse verso le persone e le attività legate all’ambito del lavoro.
Il fenomeno di burnout è l’esito di un processo stressogeno, più frequente in coloro che scelgono una professione d’aiuto (insegnanti, medici, infermieri, etc.), che purtroppo viene considerato oggi come una condizione abituale del mondo del lavoro moderno e non riguarda più solo determinate categorie. I giovani, in particolare, si scontrano spesso con una realtà lavorativa che non è quella desiderata, per la quale hanno studiato o sono portati, e sperimentano un senso di autoefficacia instabile che nasce dall’elevato grado di insoddisfazione e dalla indefinibilità della propria condizione.
In generale, lo stress da lavoro si verifica ogni qualvolta si è in presenza di una discordanza tra la natura del lavoro e la natura della persona che lo svolge; può riguardare un sovraccarico o una mancanza di riconoscimento, il risultato sarà comunque un senso di impotenza che mette il soggetto nella posizione di non ritenere che ciò che fa o vorrebbe fare influisca sull’esito degli eventi, contribuendo così ad una riduzione della percezione delle capacità personali.
Considerazioni nell’ambito del lavoro
La mia esperienza ventennale di lavoro in ambito aziendale mi ha insegnato che, molto spesso, sono proprio le condizioni, le situazioni e l’ambiente di lavoro a contribuire ad un abbassamento del senso di autoefficacia. Laddove le mansioni assegnate non sono all’altezza delle potenzialità del lavoratore, si genera una demotivazione dovuta all’impossibilità di inseguire, o anche solo di desiderare, obiettivi più stimolanti, sentimenti tendenzialmente innati in ogni individuo, lasciando la persona nell’inedia professionale.
In casi come questi, il coach può proporre soluzioni diverse di intervento, dirette alle organizzazioni aziendali o all’evoluzione delle persone.
In casi come questi, il coach può proporre soluzioni diverse di intervento, dirette alle organizzazioni aziendali o all’evoluzione delle persone.
Per l’azienda potrebbe essere opportuno un intervento di Business Coaching finalizzato alla prevenzione di determinate situazioni, adottando una diversa cultura del lavoro:
- maggiore capacità di scelta delle risorse umane per individuare le persone giuste per il ruolo giusto;
- presenza di una figura di sostegno (coach o counselor) negli uffici;
- previsione di corsi di aggiornamenti non solo tecnici ma anche diretti alla crescita personale;
- ambiente di lavoro piacevole, colorato e accogliente.
Purtroppo questi aspetti si scontrano a volte con le esigenze delle aziende che seguono criteri di altro tipo nella scelta e nella gestione del personale, dando maggiore rilevanza a età, a possibilità di sgravi fiscali e altri vantaggi aziendali di natura economica.
Se, al contrario, è un lavoratore a richiedere un intervento di coaching (Career Coaching), il compito del coach è sicuramente quello di individuarne le potenzialità e agire sul senso di autoefficacia, facendo chiarezza sui punti che sono utili per tracciare una rotta verso il reale obiettivo di adattamento o cambiamento, e contribuire a creare un relativo piano d’azione per la realizzazione dei progetti e il raggiungimento dei propri obiettivi.
Conclusioni: riflessioni personali nell’ambito del benessere personale
Se non mi fossi licenziata avrei perso il mio senso di autoefficacia, l’agentività, la proattività e quella tendenza allo sviluppo e alla crescita personale innata in ogni individuo (Self Determination Theory di Deci & Ryan).
Questa scelta non ha rappresentato un semplice cambio di lavoro ma una vera e propria trasformazione del mio stile di vita, ha prodotto l’abbattimento di abitudini e pensieri precostituiti, mi ha portato a fortificare alcuni rapporti e a perdere inevitabilmente i contatti con persone che forzatamente ma solo marginalmente entravano nelle mie giornate. Ho conosciuto tante persone nuove che mi hanno dato e mi stanno dando molto, magari anche inconsapevolmente. E’ bello sapere che intorno a me ci sono ancora mondi, pianeti e galassie da esplorare perché ognuno di noi è solo un viaggiatore in questa vita.
Come ci insegna Daniel Goleman, nel suo libro “Intelligenza emotiva”, è importante prendere sul serio le emozioni. Acquisendo consapevolezza, agendo con ottimismo e perseveranza, curandoci di noi stessi e degli altri, potremo sperare in un futuro migliore. Io ci sto provando e, in questo mio percorso, ho avuto il privilegio e la gioia di conoscere una persona magica, che, attraverso il proprio vissuto e il proprio lavoro, mi ha insegnato tanto in questi mesi.
Francesca Sanzo è una copywriter, una trainer, una blogger e una scrittrice ed è, per me, una reale testimonianza di autoefficacia applicata al quotidiano e al benessere personale. Il suo ultimo libro, “A due passi dalla meta”, ci racconta la sua storia, il percorso di una persona che si è messa in gioco in maniera autentica e concreta, e che ci fa riflettere sul valore della ricerca di una dimensione che ci assomigli e ci porti a sfidare i nostri limiti senza dovere raggiungere risultati eclatanti.
“E’ nel momento in cui raggiungi il diciottesimo chilometro della vita che devi scegliere e solo tu puoi farlo, come e se arrivare fino in fondo. Puoi scegliere, onorevolmente, di fermarti, raccontandoti che hai fatto abbastanza e che non hai più altre energie, ma puoi scegliere anche di guardare il cammino con quel poco di lucidità che ti resta e anziché puntare lo sguardo sulla fatica, sugli impedimenti, sulle complicazioni, valorizzare la tua azione positiva, l’impegno e la passione che ci hai messo fino a lì.” (Francesca Sanzo)
Francesca Sanzo ci dice che il vero obiettivo di una vita è proprio quello di non sentirsi mai arrivati a destinazione per continuare a praticare la necessaria curiosità che ci apre al mondo e alla creatività, che ci porta a raggiungere piccoli traguardi che determinano il nostro benessere e che ci fanno realizzare come persone.
E, alla fine di questo mio percorso, ho capito di essere anch’io un piccolo esempio di autoefficacia: tutto quello che ho della mia vita non deriva dall’avere avuto fiducia in me stessa ma dall’avere avuto fiducia di poterlo fare.
Fulvia Silvestri
Business, Life & Wellness Coaching
Bologna
fulviasilvestri.coach@gmail.com
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Bologna
fulviasilvestri.coach@gmail.com
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