Categoria: Scuola di Coaching: l’importanza dell’ascolto nella pratica di Coaching

Categoria: Scuola di Coaching: l’importanza dell’ascolto nella pratica di Coaching

. Scuola di Coaching: l’importanza dell’ascolto nella pratica di Coaching

Scuola di Coaching: l’importanza dell’ascolto nella pratica di Coaching

Parole in silenzi

Il bello dei nuovi inizi: ripensare e ripensarsi da un punto di vista professionale ha significato ogni volta ri-partire dal linguaggio e dalla comunicazione.

Come si suol dire: si appartiene alla propria parola. Tuttavia, sappiamo bene che la nostra grammatica è tutt’altro che statica, abbiamo tutti la facoltà di arricchirla nel tempo esponendoci ai vocabolari più eterogenei di cui è ricco il mondo.
Parole e conoscenza dunque. Come farne a meno in una professione? E qui ricomincia il mio stupore diventando un Coach.
Uno stupore legato all’educazione della prassi di Coaching quando sperimenti il dialogo con il Coachee a partire dalla tua capacità di dare silenzio a te stesso/a e ascolto alle sue parole.

Che cosa ci appartiene? Quanto silenzio e quanta parola? È tutto un gioco di equilibri.

Nei contesti linguistici ho imparato che la proprietà di uno stile comunicativo davvero evolutivo richiede un approccio non normativo ma espansivo.
E in questo senso ci si evolve tanto con la parola quanto con audire sentito, quell’ascolto attivo che fa incontrare se stessi con l’altro su un piano più empatico, più profondo e sottile.
Ascoltare è sentire, molto più che nell’ordine del senso dell’udito. Sentire nel senso dell’intercettare dell’altro un movimento interiore, i suoi flussi emotivi, le pause di dubbio, il respiro di una consapevolezza nuova. Al contempo sentire nell’ascoltare è permettere all’altro di darsi tempo e godere di uno spazio proprio.

Trattasi di una interazione che volge sempre verso un’armonia dialettica di parole, silenzi, respiri, gesti. Verbale e non verbale si intrecciano in una trama di dialogo che cerca accoglienza e legittimità di essere.

 

Ascoltare per sentire

Parafrasando la filosofa Laura Boella in merito  al suo pensiero sulla nascita di ogni cosa nuova per sé, ho immaginato metaforicamente la pratica dell’ascolto attivo del Coach anche con queste parole: nella nascita tutti abbiamo origine da un distacco (la sicurezza di essere stati fino al quel momento) per affidarci alla precarietà, alle promesse, al mistero di se stessi e dei rapporti umani.

Dare ascolto permette all’altro di assumersi la responsabilità della sua riflessione. Nello specifico un riflettere a partire da… per venire a… per questo motivo, l’ascolto attivo di un Coach, unito al suo silenzio in attesa della parola dell’altro, rimette entrambi i soggetti sul piano della scoperta autentica, quel confine che emerge sul proprio ruolo, nome, intenzione.
Ecco perché l’ascolto attivo riveste un ruolo così determinante nel Coaching ed ecco perché una buona Scuola di Coaching non può che allenare i potenziali Coach verso una raffinata pratica dell’audire sentito.

 

Se vuoi approfondire l’argomento, leggi questo articolo.

 

In esclusiva per INCOACHING®, testo di Simona Rebecchi – Coach professionista diplomata INCOACHING®

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