Categoria: Relazione Facilitante e Meta-Potenziale CARE®: due strumenti al servizio del Capo Gruppo Scout Agesci

Categoria: Relazione Facilitante e Meta-Potenziale CARE®: due strumenti al servizio del Capo Gruppo Scout Agesci

Relazione Facilitante e Meta-Potenziale CARE®: due strumenti al servizio del Capo Gruppo Scout Agesci

Introduzione

 

Questo articolo nasce da un momento di ascolto personale, aiutato da alcune sessioni di coaching, in cui ho capito che dovevo in un qualche modo unire alcuni puntini. Sì, proprio come nella settimana enigmistica, avevo davanti a me il bisogno di dire a me stesso che tanti fatti, atteggiamenti, scelte, convinzioni, rinunce, avevano un terreno comune. Spesso ignorato, spesso raggirato.

 

Ora, dopo questo lungo corso per diventare Coach, posso chiudere alcuni puntini in una unica. Di questa figura un pezzetto, chiaro e ben visibile è la passione per lo scoutismo, per l’educazione dei giovani, per tentare di lasciare il mondo un pochino migliore di come l’abbiamo trovato.

 

A proposito di scoutismo toccherò due temi a me molto cari in cui ho visto delle connessioni molto forti tra il ruolo di Capo Gruppo e quello del Coach, tra lo strumento del Progetto del Capo e Il Meta-Potenziale CARE.

 

La Relazione Facilitante: strumento di Comunità

Nell’ambito dell’associazionismo scout, in particolare all’interno dell’AGESCI (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani), il ruolo del Capo Gruppo assume una valenza fondamentale nel coordinamento di una Comunità Capi.

 

Questo ruolo non si esaurisce nel mero coordinamento delle attività, ma si estende alla creazione di un ambiente dove ogni adulto è libero è accolto per ciò che è e per la scelta di servizio a cui aderisce.

 

In questo contesto, le competenze di un capo gruppo si avvicinano molto a quelle di un Coach, in particolar modo per quanto riguarda l’instaurazione di una Relazione Facilitante: essenziale alla buona crescita della Comunità Capi.

 

La Relazione Facilitante, come definita da Pannitti e Rossi ne l’Essenza del Coaching (2012), è uno strumento straordinario per creare anche una Comunità Capi coesa e aperta, dove ogni membro può esprimersi senza giudizio altrui. I quattro pilastri della Relazione Facilitante Accoglienza, Ascolto, Alleanza e Autenticità sono alla base di ogni Comunità matura.

 

1. Accoglienza:

Un Capo gruppo deve saper accogliere ogni membro della Comunità Capi nella sua unicità, senza pregiudizi o preconcetti. Questo atteggiamento favorisce un clima di fiducia e rispetto reciproco, dove ogni capo sente di poter essere se stesso senza timore di giudizi. Il senso di accoglienza è reale e nel momento in cui un altro Capo dovesse porre dubbi o domande su determinati comportamenti, questo lo si accogli in un contesto di crescita fraterna.

2. Ascolto:

Educare una Comunità all’ascolto attivo è una competenza essenziale. Significa prestare attenzione non solo alle parole, ma anche ai segnali non verbali, mostrando empatia e comprensione. Un buon ascolto crea le basi per una comunicazione efficace e per la risoluzione dei conflitti anche in una Comunità Capi Scout.

3. Alleanza:

La capacità di creare un’alleanza con i membri della Comunità Capi implica saper sostenere le iniziative e proposte dei membri della Comunità Capi, lasciando loro il controllo del processo decisionale e organizzativo. Questo rafforza il senso di responsabilità e autonomia di ogni Capo e ogni staff.

4. Autenticità:

L’autenticità del Capo gruppo, che si manifesta attraverso la sincerità, l’integrità e l’Esempio, è cruciale per instaurare relazioni genuine. Un capo che si mostra per quello che è, senza maschere, incoraggia gli altri a fare lo stesso, creando un ambiente di trasparenza e fiducia.

 

Il Meta-Potenziale CARE: uno strumento integrativo al Progetto del Capo

Il metodo di Coaching Evolutivo® di Pannitti e Rossi introduce il concetto di Meta-potenzialità CARE®, che sono essenziali per lo sviluppo personale e collettivo. Queste potenzialità sono perfettamente applicabili al Progetto del Capo, strumento di riflessione personale e di auto-progettazione, già a diposizione del Capo scout. Sarebbero uno strumento complementare molto utile alla “centratura” del giovane Capo.

 

1. Consapevolezza:

La consapevolezza è la “madre” di tutte le potenzialità. Un capo gruppo consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti può guidare la Comunità Capi con maggiore efficacia. La consapevolezza si sviluppa attraverso la riflessione e il feedback continuo, elementi chiave del Progetto del Capo.

2. Autodeterminazione:

L’autodeterminazione permette ai capi di prendere decisioni consapevoli, basate sui propri valori e obiettivi. Nel contesto scout, questo si traduce nella capacità di perseguire progetti e iniziative che rispecchiano la propria (e della comunità) vocazione educativa, rafforzando il senso di autorealizzazione.

3. Responsabilità:

La responsabilità implica l’abilità di valutare le conseguenze delle proprie azioni e di apprendere dagli errori. Un capo gruppo responsabile è in grado di riconoscere le dinamiche della Comunità Capi e di apportare modifiche costruttive quando necessario, favorendo un clima di crescita continua.

4. Eudaimonia:

La eudaimonia, intesa come realizzazione del proprio potenziale e benessere, è l’obiettivo ultimo del percorso di sviluppo di uno scout e di un capo scout. Un capo che persegue la eudaimonia non solo contribuisce al proprio benessere, ma anche a quello della Comunità Capi, creando un ambiente positivo, stimolante e vero.

 

Applicazione Pratica: Il Progetto del Capo e la Comunità Capi

Il Progetto del Capo è uno strumento fondamentale per l’autoprogettazione dei Capi Scout. Integrando le Meta-potenzialità CARE nel Progetto del Capo, si può facilitare un percorso di crescita personale che abbia un impatto positivo sull’intera Comunità Capi. Ad esempio, un capo gruppo può utilizzare il Progetto del Capo, per:

  • Identificare le proprie aree di miglioramento e le risorse necessarie per svilupparle (Consapevolezza).
  • Stabilire obiettivi chiari e perseguirli con determinazione (Autodeterminazione).
  • Riflettere sulle proprie azioni e imparare dagli errori (Responsabilità).
  • Coltivare un senso di realizzazione personale e di benessere (Eudaimonia).

 

In questo modo, il Capo Scout non solo migliora se stesso, ma diventa anche un esempio e una guida per gli altri membri della Comunità Capi (magari più giovani), promuovendo una cultura di crescita continua e di supporto reciproco.

 

Conclusione

 

Le competenze di un capo gruppo scout AGESCI sono strettamente legate alle abilità di un Coach, in particolare per quanto riguarda la creazione di una Relazione Facilitante e nello sviluppo delle Meta-potenzialità CARE, magari integrandole al Progetto del Capo, strumento già esistente nel metodo formativo del Capo Scout AGESCI.
Attraverso l’accoglienza, l’ascolto, l’alleanza e l’autenticità, il capo gruppo può guidare una Comunità Capi alla coesione nel servizio. Un luogo dove ogni membro è libero di essere se stesso senza essere giudicato. Spesso un Capo scout e un Capo Gruppo usa le skills del Coach a sua insaputa, ma ne gioverebbe molto il suo ruolo averne consapevolezza.

 

Integrando le Meta-potenzialità CARE nel Progetto del Capo, si potrebbe facilitare un percorso di crescita personale, oltre che del volontario, che abbia un impatto positivo sull’intera Comunità Capi, ma anche nel Capo/a stesso/a che decide di intraprendere un percorso di auto-evoluzione. Utile alla sua crescita, soprattutto nel decennio (tra i 20 e i 30 anni) in cui normalmente un giovane sceglie di fare il Capo Scout.

 

 

Steve Azzalin

 

Responsabile Rapporti con Aziende di Galileo Visionary District e Scuola Italiana Design
Coach Professionista diplomato Scuola Incoaching
Treviso
steveazzalin@gmail.com

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