Categoria: La persona al centro: dal Coaching all’Employer Branding

Categoria: La persona al centro: dal Coaching all’Employer Branding

La persona al centro: dal Coaching all’Employer Branding

Maria Montessori nella seconda metà del 900 diede il via ad un un movimento il cui obiettivo era la centralità della persona.
Oggi essere al centro ha molteplici significati ed ambiti di riferimento ed in questo contesto, le imprese possono trovare a mio avviso un importante risposta alle dinamiche aziendali che le vedono sempre più protagoniste nel tentativo di fornire una Value proposition di contenuto, con un occhio di riguardo al benessere e sviluppo delle persone.

Il concetto di employer branding è più colorato, rispetto qualche anno fa, e ricco di nuove ed importanti connotazioni, che lo rendono a tutti gli effetti una sfida per le imprese attuali.
Possiamo pensarlo ed immaginarlo come l’etichetta sotto la quale vengono raggruppate tutte le strategie che hanno come scopo quello di attrarre, acquisire, fidelizzare e trattenere i migliori talenti in circolazione, promuovendo in modo coerente ed accattivante l’immagine della propria azienda.

Il modo in cui un’organizzazione si presenta, infatti, è il biglietto da visita con il quale si può già fare una prima valutazione della sua serietà ed affidabilità, nonché della sua capacità di rispondere ai desideri e alle necessità delle sue risorse, attuali e potenziali.

Quando si parla di employer branding è importante, dunque, considerarne due fattori fondamentali:

  • Lo sviluppo interno, ovvero le strategie volte a coinvolgere e fidelizzare le risorse già presenti in azienda, favorendo così engagement e retention dei talenti.
  • Lo sviluppo verso l’esterno cioè, l’insieme di attività volte a favorire l’attraction e l’acquisizione dei potenziali candidati più in linea con le esigenze ed i valori aziendali.

 

Alla base di ogni strategia di employer branding troviamo l’employee value proposition (EVP), ossia la proposta di valore che l’azienda offre ai suoi dipendenti in cambio di competenze, capacità ed esperienze che essi apportano all’azienda.

Proprio in questo contesto diventa fondamentale e strategico perseguire lo sviluppo del potenziale dei propri talenti e prendersene cura.

Il mercato del lavoro ha subito forti cambiamenti, creando uno scenario completamente differente da quello che siamo stati soliti vivere negli ultimi decenni, oggi ci confrontiamo con:

  • Mercato del lavoro sempre più competitivo e specializzato;
  • Scarsità di profili professionali;
  • Great resignation: processo iniziato negli Stati Uniti ed ormai radicato anche in Europa, caratterizzato dal fenomeno delle “grandi dimissioni”, spesso anche senza un’immediata alternativa professionale, ma sostenuto da un’idea di base di riprendere contatto con attività più allineate al proprio sistema di valori, vista la crescente insoddisfazione del proprio lavoro e del proprio ambiente di lavo
  • Yolo economy: la tendenza in particolar modo dei millennial di provocare drastici cambiamenti nella loro vita, spesso lasciando il lavoro per cercare nuove soluzioni che mettono al centro l’individuo, la famiglia e che offrano una maggiore flessibilità ed un nuovo e migliore bilanciamento tra vita professionale e privata (si vive una volta solo), smart working e tecnologia spesso guidano ed orientano le scelte.

 

In questo scenario emerge che i lavoratori italiani considerano centrali nella scelta di un datore di lavoro fattori come:

  • Un giusto equilibrio tra vita lavorativa e privata;
  • Un’atmosfera di lavoro piacevole;
  • Crescita professionale e riqualificazione e/o miglioramento delle competenze;
  • Offerta di benefit, materiali e immateriali;
  • Sicurezza del posto di lavoro;
  • Visibilità del percorso di carriera.

 

Tutti questi elementi, nel loro insieme, concorrono a determinare, o meno, l’immagine dell’azienda come “posto di lavoro ideale” e possono fare la differenza nella capacità di attrarre e trattenere i lavoratori in azienda, di conseguenza la loro implementazione rappresenta sicuramente un forte strumento di employer branding.

Queste dinamiche hanno un impatto diretto e forte anche sui risultati di business e sulla competitività dell’organizzazione, basti pensare all’ impatto che il turnover del personale ha sulle aziende, non solo dal punto di vista economico, ma anche in relazione all’effort necessario per intraprendere nuovi iter di selezione e valutazione dei profili, al tempo necessario per formare la nuova risorsa e tanti altri costi non immediatamente tangibili.

Particolarmente rilevante la perdita di conoscenze ed esperienze legate ad un lavoratore che se ne va, per cui oggi, diviene prioritario investire sui propri lavoratori a qualsiasi livello.

Nuovi driver oggi sono fondamentali per la competitività dell’impresa:

  • apprendimento: strategico è apprendere le nuove competenze da agire su un mercato del lavoro, sviluppare il proprio potenziale e ragionare sulla polivalenza funzionale e mobilità orizzontale delle proprie risorse.
  • Crescita e sviluppo professionale: valorizzazione del talento in funzione allo sviluppo aziendale, piani di crescita inclusivi e sviluppo del concetto di talent agility.
  • valori dell’individuo e dell’organizzazione: cultura aziendale e valori aziendali in sintonia con i valori dell’individuo, autonomia e responsabilità.

 

Questi concetti, necessitano per svilupparsi ed avere presa, di un terreno fertile nel quale la persona possa trovare non solo spazio di sviluppo ma anche una dimensione dove i valori possano essere in qualche modo allineati e non in antitesi, dove allenare la capacità di fronteggiare e riorganizzare la propria professionalità e di conseguenza una parte della propria vita a seguito di un evento di cambiamento divengono elementi di agility fondamentali per l’organizzazione stessa e l’ individuo.

Non possiamo fare a meno di considerare un’altra fondamentale variabile, oggi sul luogo di lavoro abbiamo contemporaneamente ben quattro generazioni differenti di lavoratori con obiettivi e bisogni differenti:

  • Generazione Z (18 – 24 anni)
  • Millennial (25 – 34 anni)
  • Generazione X (35 – 54 anni)
  • Baby boomers (55 – 44 anni)

 

La convivenza contemporanea di queste generazioni e la relativa gestione aziendale deve sicuramente tenere conto del sistema dei valori e delle aspettative di ogni generazione, in un contesto, dove diventa determinante valorizzare il potenziale insito nel crescente confronto generazionale, con l’obiettivo di far lavorare insieme le “menti senza età” in azienda.

Facendo leva sulle sinergie tra generazioni si favorisce un continuo sviluppo delle competenze e delle conoscenze in azienda, provocando un impatto positivo sulla performance.
In questo scenario ricco di variabili e stimoli continui, il concetto di resilienza, diviene fondamentale e centrale nel percorso professionale e di sviluppo dell’individuo quanto, la capacità di adattamento.
Gestire le emozioni lo stress, la flessibilità nell’approcciare gli ostacoli e nel superare le ambiguità sono tutti elementi ricorrenti che si inseriscono a pieno titolo nel concetto di work life balance.

Il Coaching in questo contesto assume un ruolo fondamentale e può essere la costante che può aiutare qualsiasi dipendente a raggiungere e sviluppare una maggiore resilienza, indipendentemente dalla situazione della generazione di appartenenza. Proviamo ad ipotizzare uno scenario di riferimento e come il coaching potrebbe essere di supporto:

Generazione Z: molteplici autori ritengono che questa generazione abbia come obiettivo primario, raggiungere una dimensione nella sfera professionale che possa essere significativa ed allo stesso tempo di supporto economico.
Nella direzione di questo obiettivo la generazione Z è disposta a cercare opportunità in altri ambiti, all’interno della stessa azienda ma anche a considerare altre opportunità nel mercato del lavoro esterno.
In questo scenario il coaching potrebbe essere sicuramente di supporto nello sviluppo e sostegno della resilienza concentrandosi ad esempio su:

  • Sviluppare tattiche per ridurre al minimo le distrazioni della giornata lavorativa e migliorare la concentrazione.
  • Valutare ed inquadrare nuove opportunità di sviluppo e crescita.
  • Trovare un mentor per aiutare a sviluppare le capacità di leadership in un’area di interesse futuro.
  • Creazione di un piano per garantire un migliore bilanciamento tra vita professionale e sfera personale riducendo lo stress, attraverso una migliore gestione di tempi di lavoro e priorità.

 

Millennial: sono una generazione di meraviglia e determinazione. Per i millennial, la resilienza nell’ambiente difficile di oggi significa investire e far investire i datori di lavoro nello sviluppo di competenze per superare gli ostacoli alla carriera. In questo caso il Coaching potrebbe concentrarsi su:

  • Sviluppo del potenziale verso strategie per far fronte allo stress della vita lavorativa e per prendersi cura di una famiglia mentre si affrontano le responsabilità lavorative.
  • Analisi delle proprie risorse volte a superare la tensione con un particolare collega o membro del team per facilitare una migliore collaborazione e il successo del progetto.
  • Ricercare idee, modalità e mettere a frutto il proprio potenziale per affrontare un nuovo progetto.

 

Generazione X: è una generazione che si è costruita sulla perseveranza e sulla risoluzione dei problemi.
Leali, ma spesso stressati. La crescita e la mobilità professionale devono essere sul tavolo, insieme a strumenti che li aiutino a orientarsi per massimizzare il loro potenziale. Il coaching per la resilienza potrebbe concentrarsi su molteplici aspetti:

  • Gestione dello stress per favorire ad esempio un miglior bilanciamento tra l’obiettivo sfida ma anche il contesto vita privata (prendersi cura dei genitori anziani e crescere i figli allo stesso tempo)
  • Strategie per la costruzione di competenze trasversali che consentano una transizione verso un nuovo ruolo all’interno dell’azienda o una promozione.
  • Ripianificazione finanziaria visto l’avvicinamento dell’età pensionabile, ricentrandosi su valori ed obiettivi futuri.

 

Baby boomer: questa generazione porta professionalità e intraprendenza. Resilienza equivale ad adattabilità. Il coaching in questo caso potrebbe concentrarsi su:

  • Come adattarsi meglio a modalità di lavoro flessibili e basate sulla tecnologia come il lavoro da remoto, ibrido ed orari di lavoro non tradizionali.
  • Identificare corsi di formazione che possono espandere le competenze esistenti o favorirne delle nuove, che si tratti di tecnologia, parlare in pubblico o gestire dei progetti.
  • Determinare modi nuovi e creativi per mettere a frutto le conoscenze e le competenze, cercando nuovi ruoli in cui e sviluppare il proprio potenziale, scoprendo opportunità di tutoraggio o consulenza oppure esplorando la collaborazione con lavoratori in altre aree dell’azienda per condividere le conoscenze.

 

Lo sviluppo del potenziale, perseguito attraverso il metodo del coaching è sicuramente una forte risposta alle dinamiche evidenziate, sia per la risorsa lavoratore sia per l’azienda alla ricerca di una strategia che favorisca lo sviluppo personale ed il welfare aziendale.
Oggi mi piacerebbe poter parlare di democratizzazione del Coaching ovvero, un supporto, servizio per tutta la vita lavorativa delle persone impiegate nei vari contesti aziendali e non più, un solo benefit destinato alla popolazione dirigenziale o quella parte già individuata come talenti ma piuttosto, una pratica un atteggiamento di cura rivolto qualsiasi individuo nell’azienda.

Essere al centro significa essere attori del cambiamento, agire e non subire le scelte, ed è proprio in queste dinamiche che prendere contatto con il proprio potenziale è sicuramente la scelta migliore che un individuo posa fare e, che un’impresa possa offrire come opportunità, compiendo in tal modo un duplice investimento.

Oggi avere persone soddisfatte, che condividono gli obiettivi, i valori della realtà aziendale dove prestano servizio ed al contempo ne approvano la mission è di fondamentale importanza, allo stesso modo è fondamentale avere collaboratori che trovano all’interno dell’azienda la possibilità di sviluppare il proprio potenziale.

Ed ecco che allora la sfida che ci troviamo ad affrontare è duplice, da una parte le organizzazioni aziendali che devono implementare modelli che portino ad un forte sviluppo della laro capacita di attrarre nuovi talenti e dall’altro ed allo stesso tempo, improntare politiche aziendali volte a trattenere quelli già impiegati offrendo all’individuo l’opportunità di sviluppare attraverso il coaching la propria centralità nell’organizzazione e trovare soddisfazione nella attività professionale in altre parole essere ESSERE AL CENTRO.

Concetti fondamentali che necessitano per svilupparsi ed avere presa di un terreno fertile nel quale la persona possa trovare uno spazio di sviluppo, dove allenare la capacità di fronteggiare e riorganizzare la propria professionalità e di conseguenza una parte della propria in virtù di un cambiamento.

Quando penso ad un Coaching democratico penso ad un supporto dato alle persone in ogni fase della vita professionale a prescindere dal livello gerarchico o dall’anzianità professionale, una opportunità dove la persona possa ricentrarsi, riconsiderarsi ed ascoltarsi in una forma di dialogo maieutico che porta allo sviluppo del potenziale latente pronto a prendere forma in qualsiasi ambito possa essere d’interesse della persona.

Valuterei positivamente, il fatto che non necessariamente il potenziale possa e debba essere sviluppato ed agito nell’immediato interesse dell’attività o vision aziendale, ma anzi, con una forte consapevolezza che qualunque forma di benessere e di sviluppo dell’individuo possano essere un momento di cura, attenzione e sviluppo per favorire quel benessere in azienda tanto fondamentale quanto necessario.

Il Coaching al servizio della resilienza diviene elemento fondamentale per avere persone ingaggiate e motivate, per ridurre lo stress, l’assenteismo e lavorare nell’ottica del benessere individuale e sviluppo del potenziale e talento, favorendo al contempo l’employer branding.

La centralità del Coaching al servizio di tutti i dipendenti potrebbe realizzarsi ad esempio offrendola possibilità a quella parte di popolazione aziendale alla quale non è mai stata offerta una simile occasione di iniziare a famigliarizzare con il concetto di Coaching e magari creare una sorta di road map per comprenderne il potenziale e sviluppare la Coachability.

Un percorso democratico, un benefit aziendale dove l’individuo può decidere in autonomia di cogliere o meno l’opportunità e quindi, di salire a bordo piuttosto che non sentirsi pronto e restare ancora in attesa ma, comunque sia un’opportunità.

In ambito aziendale  essendo necessario uno sguardo duplice, a fronte di un investimento che considera due punti di vista (Imprenditore che investe e Lavoratore che fruisce di un servizio), porterei entrambe le parti alla comprensione, di alcuni aspetti che l’implementazione del Coaching in azienda potrebbe favorire come ad esempio lo sviluppo del potenziale individuale come investimento rivolto alla creazione di nuove competenze e professionalità, un miglioramento dell’engagement e del work life balance e conseguentemente la creazione di una forte brand reputation, fondamentale ancora una volta per lo sviluppo di attraction e retention.

Con il Coaching potrei ad esempio:

  • Chiarire meglio quali sono le mie passioni, i miei punti di forza, ed imparare a comunicare meglio queste mie potenzialità;
  • Potrei ipotizzare di pianificare miglioramenti nel mio ruolo attuale;
  • Esplorare altre opportunità all’interno dell’aziende.
  • chiarire le competenze necessarie e da sviluppare in relazione ad un cambiamento di direzione e nuove prospettive
  • comprendere le mie opportunità di crescita all’interno della azienda e migliorare la soddisfazione sul lavoro
  • migliorare nella gestione del tempo e delle priorità, gestendo in maniera più efficace il benessere e lo stress sul lavoro
  • migliorare nella gestione delle relazioni esistenti e nella creazione di nuove relazioni interne ed esterne all’azienda.

 

Vorrei democratizzare il Coaching in azienda, rendendolo un mezzo di facile comprensione da parte di chiunque ed offerto indistintamente a tutti i livelli della popolazione aziendale per favorire lo sviluppo del benessere e la cura del lavoratore.

 

Roberto Vistoli

Senior sales consultant
Lugo (RA)
101birba@gmail.com

 

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