
La creatività del Coach
Essere o non essere… Creativi?
L’immaginario che ci portiamo dentro e che ci accompagna in ogni istante della nostra vita è una ricchezza di cui spesso non siamo consapevoli.
Altre volte capita di averne coscienza ma non lo legittimiamo o non lasciamo spazio alla sua espressione più diretta, vanificando la sua funzione generativa nella costruzione di nuovi significati dell’esistenza.
Propriamente in quest’ottica il Coaching si rivela particolarmente efficace, nella misura in cui è saggiamente espressa dal pittore Kansidnsky, poiché della creatività umana ne rivelò la sua essenza attraverso la correlazione tra empatia e senso del limite.
Le sue parole conquistano: “Ascoltare la forma del silenzio interiore nel tempo interiore ci mette in rapporto alla realtà, ci apre alla esplorazione creativa quale possibilità di agire empaticamente, di diventare attivi, di vivere il pulsare della vita con tutta la capacità intuitiva dell’essere.”
La creatività è tutto questo: un intreccio globale, dinamico e dialettico tra motivazioni interne, stimoli esteriori, bisogni ed emozioni.
Porta dunque con sé la formulazione dei seguenti passi consapevoli:
- Conoscere sé stessi ed essere sé stessi
- Intuizione nel silenzio creativo
- Intenzione emotiva e interpersonale
- Motivazione nel tempo interiore
- Costruzione personale dei processi metacognitivi (sistemi di autoriflessione)
- La competenza sensibile
- Regolazione d’equilibrio tra intuizione, intelletto, ragione e facoltà di giudizio.
- Capacità di porre le giuste domande.
Dal dire al fare
Se poi consideriamo che dare corpo alle proprie idee richiede passi non casuali anche se apparentemente illogici, la creatività in opera ci appare come l’effetto di lunghe catene causali intuitive. Da Coach, comprendere la creatività e imparare a svilupparla ci conduce inevitabilmente a riflettere su tutti i falsi miti che la descrivono e che il senso comune alimenta trasformandoli in certezze ingenue.
Di seguito alcuni bias cognitivi:
1. La creatività è puro talento innato.
2. La creatività è solo dei giovani.
3. La creatività appartiene al singolo.
4. La creatività non vuole vincoli o limiti.
5. La creatività è una facoltà esclusivamente umana.
6. La creatività è uguale per tutti.
Pensiero divergente e pensiero convergente
Tutto ha inizio con la nostra infanzia: impariamo a relazionarci con il mondo circostante attraverso sogno, fantasia, immaginazione e poco dopo, non appena ci conquistiamo la parola siamo in grado di dare voce alla nostra più intima curiosità attraverso il semplice di gesto di fare domande. E insistiamo, fino a quando non ci portiamo a casa una risposta convincente che esaudisce la nostra immaginazione.
A ben vedere la creatività espone il soggetto alla contemporaneità organizzata di due facoltà intellettive; mi riferisco al pensiero divergente e al pensiero convergente che non si eludono ma si compensano reciprocamente, donando al soggetto non solo fluidità e flessibilità creativa ma anche strategie e meccanismi di auto-valutazione dei processi creativi soggettivi.
E allora non ci resta che chiederci: in una scala da 1 a 10 quanto siamo creativi? Quanto eravamo creativi da piccoli?
La creatività invita tutti a fare un passo in altra direzione dal conosciuto, cambiando il nostro focus: dal pensiero orizzontale logico, razionale e lineare delle informazioni, al pensiero analogico-intuitivo, circolare.
Una risorsa speciale
Dare voce alla propria creatività è ritrovare la vicinanza con il nostro potenziale.
Trattasi quindi di un atto soggettivo che in quanto tale, se ad esso concediamo fiducia, è capace di generare una sorpresa produttiva.
In quest’ottica ognuno di noi può alimentare pensieri produttivi/creativi o pensieri meccanici/automatici.
Il pensiero produttivo ha carattere esplorativo: come ci insegna la psicologia, ha dote di avventura e conduce i soggetti verso soluzioni al di fuori della soluzione data, coinvolgendo un sistema di elementi soggettivi.
In questi contesti la ragione si interfaccia con le strutture del nostro profondo interiore.
Ne discende che a differenza del pensiero lineare, il quale tende verso una unicità di risposta, quello divergente ricerca risposte flessibili e soluzioni molteplici e originali.
Per questo richiede rielaborazione personale delle informazioni, senso critico, capacità di riorganizzazione degli elementi, arricchendo consapevolezza e sensibilità del soggetto.
Essere Coach creativo significa anche questo: essere capace di generare nel Coachee un effetto surprice, cioè un atto che produce una sorpresa efficace, un insight che innesca un cambiamento e una nuova mobilità del soggetto.
Potenziando il pensiero laterale del Coachee si genera nel suo immaginario un campo aperto di orizzonti alternativi che massimizza le possibilità, aprendo nuove strade cognitive e intuitive.
All’interno di questa prospettiva si possono individuare due principali fattori limitanti:
a) le idee dominanti che polarizzano le nostre percezioni soggettive;
b) il controllo del pensiero lineare che non permettere all’intuizione creativa di generare nuove idee e soluzioni.
Possiamo allora affermare che la creatività si configura come una abilità potenzialmente connaturata all’individuo e che permette sempre di produrre qualcosa di nuovo.
Sorge allora spontanea una domanda: quale pensiero creativo guida la nostra volontà di essere?
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