
Le facoltà dell’anima: pensare, desiderare, agire
Nell’articolo “Il coaching e la filosofia antica” pubblicato sul sito web dell’Associazione Italiana Coach Professionisti (www.associazionecoach.com) L. Stanchieri esprime una tesi da noi pienamente condivisa, quella per cui il coaching, come metodo di sviluppo personale che conduce all’autorealizzazione, “non sia affatto una moda passeggera, come molte provenienti dall’America e destinata a dissolversi in breve tempo, ma abbia le sue più antiche radici proprio nella filosofia antica”.
La raccolta di saggi di Pierre Hadot “Esercizi spirituali e filosofia antica” (Einaudi, 2005) ampiamente citata nell’articolo, offre numerosi argomenti a favore di questa tesi.
Innanzitutto Hadot ricorda come nelle scuole filosofiche ellenistiche e romane la filosofia non venisse insegnata come una teoria astratta o come esegesi di testi, bensì come “un’arte di vivere, un atteggiamento concreto, uno stile di vita determinato che impegna tutta l’esistenza… Nello stoicismo come nell’epicureismo, filosofare è un atto continuo, un atto permanente che si identifica con la vita…”.
Fu nel Medioevo che, a parte l’esperienza monastica, la filosofia perse il suo significato pragmatico e diventò “discorso sulla filosofia”, vale a dire un’attività sostanzialmente teorica ed astratta. Gli esercizi spirituali antichi basati sulla meditazione, l’attenzione, l’ascolto, il dominio di sé, la scrittura, ecc… vennero sottratti dalla sfera della filosofia per essere integrati esclusivamente nella spiritualità cristiana.
Tornando al testo di Hadot, in particolare al saggio “Esercizi spirituali”, particolarmente stimolante risulta essere una citazione dalle Diatribe di Epitetto, filosofo greco stoico vissuto a cavallo del I° e II° secolo d.C.
Secondo Epitetto erano tre le facoltà dell’anima che classificavano gli esercizi spirituali: la facoltà di pensare, la facoltà di desiderare, la facoltà di agire.
Sorprende l’analogia con i tre elementi che rappresentano l’essenza del metodo del coaching: la relazione, le potenzialità, gli obiettivi. Vediamo in che senso.
La relazione efficace di coaching costituisce un contenitore spazio-temporale all’interno del quale il coachee può liberare la sua “anima” ed esercitare la facoltà di pensare. L’accoglienza e l’autentica disponibilità all’ascolto del coach, la sua capacità di stimolare la riflessione attraverso le giuste domande rendono la sessione di coaching un ambito privilegiato dove il coachee può meditare e sentirsi il vero ed assoluto protagonista della propria esistenza.
Allenando la facoltà di pensare, il coachee viene accompagnato dal coach a definire in modo oggettivo la situazione problematica del presente, così come essa viene percepita, e a delineare lo scenario di un futuro desiderato. Si tratta di un cammino di crescita nella consapevolezza.
Come metodo di sviluppo delle potenzialità personali, ecco che in una relazione di coaching l’ ”anima” del coachee esercita spontaneamente la facoltà di desiderare.
La costruzione del proprio futuro desiderato diventa un progetto concreto all’interno dell’intervento di coaching. Il coachee scopre maieuticamente quali sono i propri punti di forza e viene sollecitato ad individuare in che modo utilizzare tutto il suo potenziale nel percorso verso l’autorealizzazione. Quanto più le potenzialità personali vengono scoperte e vissute tanto più si desidera utilizzarle in ogni ambito della vita, perché è attraverso di esse che la persona esprime la sua vera essenza, il meglio di sé.
Sulla terza facoltà dell’anima secondo Epitetto, la facoltà di agire, il coaching mostra la sua vera peculiarità di metodo di sviluppo, ben distinto da una relazione d’aiuto.
Il coaching è un metodo pragmatico. Il futuro desiderato del coachee, delineato grazie all’esercizio delle facoltà di pensare e di desiderare, viene trasformato all’interno dell’alleanza di lavoro con il coach in obiettivi concreti, misurabili, realistici, egosintonici ed ecologici.
Il coach è l’alleato ideale per una stimolazione costruttiva della facoltà di agire. Infatti, non esiste intervento di coaching senza un piano d’azione autodeterminato dal coachee, senza la scomposizione dell’obiettivo finale in diversi obiettivi intermedi, tutti monitorabili e tutti legati ad azioni concrete che il coachee si impegna responsabilmente ad attuare.
Epitetto, inoltre, sollecita a “sforzarsi ad agire nel tempo e nel luogo voluti”.
Un coach non può che sottoscrivere questa massima nella quale si evidenziano due elementi di consapevolezza del coachee sempre riscontrabili in una relazione di coaching.
Da una parte la consapevolezza che il raggiungimento di obiettivi di miglioramento inseriti in uno scenario di futuro desiderato sono sempre frutto di impegno, di costanza, di una non sottovalutazione della fatica.
Dall’altra, la consapevolezza che i propri obiettivi vanno inseriti nella soggettiva realtà di appartenenza, la quale è costituita da un contesto fatto di spazio e di tempo e da relazioni interpersonali.
Alessandro Pannitti
nunzio
23 Aprile 2011at19:43salve
sono nunzio
condivido la nozione, per quando riguarda l’autodeterminazione, e un processo importante che porta a compiere il passo che possa essere di migliorare o cambiare, l’uomo per natura decide questo passaggio quando siamo propria alle strette guidate soprattutto dal dolore anziche dal piacere.
adesso finisco con la seguente come si può autodeterminare una persona guidandola con piacere al raggiugimento degli obiettivi?
Alessandro
27 Aprile 2011at10:04Caro Nunzio,
la tua domanda chiama direttamente in causa il coaching, il quale è proprio uno strumento a disposizione di qualsiasi persona per compiere un percorso di crescita nella consapevolezza, nella responsabilità e nell’autonomia, tutti fattori collegabili al concetto di autodeterminazione.
Tale percorso non è svolto in solitudine, bensì all’interno di una particolare relazione: la relazione tra la persona ed il suo coach.
La relazione di coaching positiva ed autentica è il punto di partenza imprescindibile del percorso verso una maggiore autonomia ed autodeterminazione. In seguito, la peculiarità del metodo del coaching e la capacità del coach di valorizzare ed allenare il potenziale del cliente (coachee) faranno il resto.
Un caro saluto.
Alessandro