Esplorare i principi della centratura del Coach e trovare la via corretta per crescere

Focusing

Si parta dal principio. La natura è fertile dove gli emisferi si incontrano. Così recita l’antropologia. Così è l’umano vivere, arricchito per commistione tra le parti di noi contrapposte e apparentemente confliggenti.
In questo senso perseverare nelle abitudini che ci chiudono alla scoperta ci impedisce di crescere e ci impoverisce di opportunità. Crescere ha tutto il gusto di un compito che ci costerà fatica, determinazione e un impegno costante.
Al contempo rappresenta la strada per seguire l’arte del vivere bene, in modo gratificante e in armonia con i nostri più autentici desideri.

Si è quindi ispirati dal bisogno di crescere per meglio conoscere, per apprendere, per migliorare e per comprendere di più.
Tuttavia, se non sappiamo da dove cominciare rischiamo di perderci in un oblio di azioni ripetute, molte delle quali non cercate, non desiderate, non scelte, spesso inconsapevoli e automatiche.

Come si risolve allora la questione della auto-determinatione nello sviluppo di sé? Quale segnale seguire? Come iniziare a voltare pagina, ad aprire una nuova porta, a tracciare un nuovo percorso?   Occorre ricordare che si può sempre scegliere di essere caotici, adattivi, dissipativi, oppure innovativi, proattivi e creativi.

 

Strategie di centratura

Che cosa minaccia la centratura del Coach? Confusione, insicurezza e tentennamenti, sensi di colpa, doveri morali, imbarazzi, frustrazioni e tristezze tessono un ricco vocabolario emotivo che apre il campo all’autosabotaggio.  Proprio quest’ultimo sembra iniziare nel momento in cui rifiutiamo di soddisfare le nostre più profonde esigenze perché’ pensiamo di non essere in grado di soddisfarle.

È così che il Coaching, attraverso il metodo che lo contraddistingue, ci aiuta e ci sostiene in un percorso di crescita felice, secondo alcuni principi riguardanti la centratura del Coach:

1) Adottare la posizione “meta”: induce il soggetto a prendere la giusta distanza, razionale ed emotiva, non solo rispetto all’altro ma più in generale come punto di osservazione delle parti in gioco più ampio, obiettivo e reale; il tutto mediante la gestione dei toni empatici cui è sollecitato nella relazione e nella narrazione con l’altro.

2) Stare sul processo comunicativo, senza giudicarne il contenuto, per evitare condizionamenti, suggestioni e distorsioni dei pensieri che possono compromettere il passaggio di auto-scoperta insito in ogni relazione.

3) Praticare l’ascolto e l’auto-ascolto, l’accoglienza, l’alleanza e l’autenticità, tenendo in supervisione critica il panorama delle proprie credenze e dei propri pregiudizi.

4) Ricodificare continuamente il proprio focusing di relazione con l’altro, rimanendo solidi e stabili in funzione dei propri valori, virtù, punti di forza, agendo un controllo attivo sui flussi emozionali disfunzionali e sui meccanismi di difesa che automaticamente ognuno di noi attiva.

5) Passare dalla resistenza dei pensieri intrusivi (spesso oppositiva) alla resilienza degli stessi (poiché guidata da flessibilità, modulazione e capacità di rovesciamento dei codici interiori).

6) Passare dai pensieri intrusivi e disturbanti ai pensieri intuitivi e creativi, mediante una costante auto-riflessione che permette la focalizzazione sulle soluzioni agite.

Tutto ciò permette al Coach di sancire una relazione facilitante con il Coachee in cui possa prevalere empatia, cordialità, spontaneità, assertività, speranza, fiducia e stima reciproca.

Se io (Coach) sono OK, mi sento a mio agio, mi sento adeguato, di valore, mi apprezzo e mi accetto.
Se tu (Coachee) sei OK, ti apprezzo, ti riconosco valore, ti accetto come sei.
La posizione OK/OK, come ci insegna Berne, qualifica la posizione dell’Io Adulto. Con questa accezione si apre una nuova riflessione e con essa una nuova storia.

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In esclusiva per INCOACHING®, testo di Simona Rebecchi – Coach professionista diplomata INCOACHING®