
DIPINGI LA TUA VITA CON IL COACHING
Ancora quella frase. La leggo e la rileggo e rivedo un pezzo della mia vita scorrere velocemente davanti agli occhi come fossero le immagini di un film. La leggo e dentro di me esplodono un insieme di emozioni forse perché racchiude un po’ me stessa, il mio modo di essere. Quando l’ho vista scritta, così luminosa, sullo schermo, ho pensato: “Si, questo corso è quello che stavo cercando!”.
IL RISCALDAMENTO
Il primo giorno del corso ci hanno illustrato le basi del coaching. Ci hanno parlato delle origini.
Coach, in inglese, significa sia carrozza che allenatore, pertanto richiama, sia il concetto di accompagnamento da un luogo di partenza ad uno di arrivo, sia quello di allenamento.
Socrate, uno dei più grandi filosofi della Storia che nacque ad Atene nel 469 A.C., diede origine all’arte della maieutica che ha ribaltato il rapporto tra maestro e allievo ossia l’arte di mettere in grado l’allievo, mediante dialogo, di acquisire progressiva consapevolezza della verità che è dentro di lui. Il maestro non insegna nulla ma sono gli allievi che da se stessi scoprono e generano molte belle cose.
E poi ecco comparire quella frase:
“L’avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall’altra parte della rete” (Timothy Gallwey).
Fin da piccola ho praticato sport a livello agonistico e questa frase mi è arrivata dritta al cuore e alla mente e così come i bambini che non vedono l’ora di scartare il regalo per capire cosa c’è dentro, mi sono trovata a scorrere velocemente il libro per cercare di capire cosa si nasconde dietro a tutto questo.
INIZIA LA PARTITA
Timothy Gallwey è considerato il fondatore del Coaching professionale moderno.
Quando uscì la prima edizione del suo primo libro “The inner game of tennis”, si trattò di una vera e propria rivelazione. Invece di concentrarsi sulla tecnica, si basava sulla constatazione del fatto che in ogni incontro si giocano due partite: una all’esterno e una all’interno di se stessi. Da un lato ci confrontiamo con l’avversario (gioco esterno), dall’altro dobbiamo combattere contro i nemici che ci sono nella nostra mente (gioco interno) e quindi i nostri avversari sono il dubbio, l’insicurezza, l’ansia, la paura e il conseguente calo di concentrazione. Il peggior nemico da affrontare durante una competizione è nella nostra mente. E’ divenuto, sin da subito, un libro di riferimento per chiunque voglia migliorare il proprio rendimento e avvicinarlo il più possibile al massimo in ogni ambito, personale o lavorativo che sia.
“C’è sempre una partita interiore che è giocata nella tua mente qualsiasi sia la partita che stai giocando. Il modo con cui affronti questa partita fa la differenza fra il successo e il fallimento.”
I giocatori della partita interiore sono due e Gallwey li definisce Sé 1 e Sé 2.
Il Sé 1 è la parte che dubita, critica, giudica, cerca di fare, aumenta la tensione, sono i nostri preconcetti che ci condizionano e ci limitano.
Il Sé 2 è la parte più autentica di noi, è l’essere umano con tutte le sue potenzialità latenti o meno e la sua capacità innata di imparare divertendosi manifestata già nell’infanzia.
Ciascuno di noi ha attitudini e potenzialità innate. Per realizzare noi stessi ed essere felici dovremmo coltivarle, farle emergere, allinearci ad esse. Invece sin da piccoli siamo condotti ad essere come “è giusto”, “opportuno”, allenati a seguire modelli, a preoccuparci del giudizio degli altri e nostro. Invece di far emergere da noi, come nella più antica arte maieutica, abbiamo appreso a fare secondo modelli e percorsi prestabiliti da altri.
La libertà di pensiero del bambino, libero da qualsiasi schema preconfezionato, è stata sostituita dalla necessità di adeguarsi, di essere accettati non per quello che si è, ma per quello che si deve essere.
Gallwey utilizza la metafora del campo da gioco come luogo in cui mettersi alla prova, in cui toccare con mano la schiavitù della mente che ci dice come dobbiamo fare il movimento, invece di farlo come ci viene naturale, pensare invece che sentire. La mente che toglie il piacere di sentirsi tutt’uno con ciò che fai; la mente che ostacola, che complica, che snatura ciò che potrebbe essere invece semplice, fluido, naturale appunto.
Il metodo proposto da Gallwey consiste nel trasformare il giudizio che abbiamo di noi e della nostra performance attraverso tecniche per l’auto-correzione, l’acquisizione di consapevolezza e quindi del nostro conseguente miglioramento.
Le performance, pertanto, secondo Gallwey, sono pari alla differenza tra le potenzialità che abbiamo meno le interferenze (P= p-i) dove le vere interferenze sono principalmente i nostri pensieri, siamo in definitiva noi stessi. Il vero avversario non è colui che è dall’altra parte della rete nel campo da tennis, ma è nella nostra testa, siamo noi stessi. Anzi, l’avversario dall’altra parte della rete spesso è il nostro miglior alleato, in quanto è colui che ci costringe a far fondo alle nostre migliori risorse. Senza di lui non progrediremmo. Per migliorare nel gioco, infatti, è utile giocare con chi è più bravo di noi e non con chi lo è meno. Ecco che l’avversario temuto è il nostro miglior sponsor. Al contrario, i pensieri giudicanti, le sovrastrutture cognitive sono il vero ostacolo da superare, sono la vera complicazione con cui confrontarsi.
Secondo Gallwey, focus, ossia avere una presenza nel qui e ora focalizzando l’attenzione sul presente, l’unico nel quale possiamo vivere al fine di essere noi stessi a dirigere i nostri pensieri, fiducia in noi stessi e nelle proprie capacità, consapevolezza di ciò che si sta facendo priva di giudizio, accettare quel che non posso controllare e controllare quello che è nelle mie possibilità, saper apprendere dai feedback ricevuti, sono tutti strumenti consigliati al fine di aumentare la stabilità interiore e l’armonia tra i due se stessi, il sè1 e il sè2.
Il segreto per dominare questa partita interiore contro i propri fantasmi è il lasciarsi andare.
Per lasciarsi andare bisogna smettere di criticarsi, disimparare gli atteggiamenti mentali autogiudicanti a cui siamo abituati sin da piccoli ed impararne di nuovi, per il semplice motivo che, più concediamo spazio ai pensieri limitanti più diventeremo quello che pensiamo.
Alleniamoci a creare nuovi solchi mentali, a lasciar andare il giudizio, la paura, l’ego e sbagliamo rimanendo in pace con noi stessi.
Saper giocare la partita interiore, l’Inner Game, è la vera sfida che porta a livelli superiori di conoscenza e di consapevolezza.
LA STRATEGIA DI GIOCO
«Una rosa è una rosa dal momento in cui è un bocciolo a quello in cui appassisce e muore. In ogni stato, sempre, contiene l’intero suo potenziale. Apparentemente sembra seguire un processo di costante cambiamento, invece in qualsiasi stato, in ogni istante, è perfettamente se stessa. Per un tennista, come per chiunque, il primo passo nella giusta direzione è vedere e sentire ciò che sta facendo, cioè aumentare la consapevolezza di ciò che realmente è»
Nessuno ci conosce meglio di quanto non ci conosciamo noi stessi ma è anche vero che la cosa più difficile è essere pienamente consapevoli di noi, delle nostre emozioni, delle nostre scelte e del contesto in cui ci si muove.
È altrettanto vero che molte delle risposte su quello che davvero vogliamo fare e dobbiamo fare sono dentro di noi, ma come fare a tirarle fuori?
Spesso ci rendiamo conto da soli dei nostri pensieri limitanti, ma è estremamente difficile diventarne consapevoli perché il nostro sè1 ci limita, ci giudica, ci racconta quello che ci fa comodo sentire tanto che i fatti e le opinioni si confondono, le emozioni personali generano giudizi, credenze limitanti e schemi mentali rigidi e ripetitivi e allora, in questi 4 mesi, ho capito che il coaching è un percorso fondamentale in tutto ciò.
Il coaching è una metodologia che aiuta a sviluppare le risorse, tirandole fuori dalla persona stessa, esattamente come faceva l’antica arte dei greci della maieutica.
Il coach rende consapevolezza che esistono sia le partite esterne che le partite interne. Ogni cosa è una partita esterna, nel lavoro nella famiglia, e tutti vorremmo essere vincitori. Per fare questo dobbiamo saper giocare bene la nostra partita interna, affrontare gli ostacoli e le paure. Dobbiamo allenare la nostra mente, il nostro cuore, le nostre emozioni.
Non è possibile raggiungere una nuova destinazione percorrendo la strada di sempre. Allo stresso modo nella vita, non possiamo ottenere risultati diversi continuando ad adottare i comportamenti di sempre.
Il coach viene in aiuto per trovare la nuova strada che porta al traguardo desiderato, non mostrando la direzione, ma piuttosto accompagnando, senza se e senza ma, e sostenendo per tutto il viaggio. Il coach non dà consigli, né formula diagnosi, ma fa come da specchio alla persona e con strumenti e domande di precisione la assiste nel percorso di raggiungimento degli obiettivi.
Il coaching, pertanto, è un percorso che consente, prima di tutto, di acquisire quella consapevolezza di noi e di ciò che vogliamo diventare.
E come fare per far maturare la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità?
La consapevolezza nasce dall’osservazione senza giudizio.
La consapevolezza di sé inizia quando finisce la paura di conoscerci per ciò che siamo, con le nostre meravigliose imperfezioni perché sono queste che ci rendono unici e irripetibili.
La consapevolezza di noi stessi ci permette di riconoscere quindi non solo chi siamo noi, ma con un buon allenamento ci aiuta anche a sincronizzarci con chi ci sta davanti, conoscendolo, riconoscendolo, apprezzandolo e ringraziandolo di offrirci un tassello in più verso l’autoconsapevolezza. E ancora essere consapevoli di noi stessi ci permette non solo di riconoscere le qualità e le possibilità del qui e ora, ma ci prepara ad affrontare ciò che si propone sul cammino: comportamenti, atteggiamenti, situazioni, relazioni.
È importante, quindi, allenarsi ad osservare, ascoltare e ascoltarsi partendo dalla percezione dei nostri sensi.
Essere consapevoli significa conoscere se stessi nel profondo e realizzare quello che veramente siamo: “se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai nemmeno trovarlo fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa come pretendi di trovare altre meraviglie?” (Oracolo di Delfi).
Quindi, il primo passo per poter vincere la nostra partita interiore per diventare ciò che siamo è prendere consapevolezza di noi e delle nostre potenzialità attraverso, prima di tutto, l’ascolto.
ASCOLTARE CIO’ CHE NON HA VOCE
Molte persone danno per scontate le abilità di ascolto, ritenendo di ascoltare per il semplice fatto di sentire e comprendere ciò che viene detto. Sentire è una funzione sensoriale, mentre ascoltare è un’abilità che va fatta con volontà e consapevolezza.
Ascoltare e imparare a farlo nei confronti di se stessi e degli altri, è uno degli aspetti più complessi e sfuggenti della nostra possibilità di evolverci perché è sepolto da anni e anni di convinzioni, atteggiamenti e comportamenti errati. Invece, ascoltare e ascoltarsi in modo consapevole e tramite un processo intenzionale è un aspetto fondamentale perché ci permette di scoprire, ragionare, rielaborare il nostro vissuto e ci aiuta a trovare autonomamente nuove possibili soluzioni.
Ascoltarsi è un elemento importantissimo per il proprio processo di crescita personale, per capire chi veramente siamo e migliorare la nostra vita.
Così imparare ad ascoltare gli altri ci consente di comprenderli in maniera efficace e costruttiva e creare relazioni soddisfacenti e gratificanti.
Ascoltarsi e ascoltare ci permette di andare in profondità nelle cose ed è il modo migliore per accettare sé stessi e gli altri per quello che siamo, senza giudizio e pregiudizio ma con rispetto e accoglienza di sé e gli altri in modo autentico.
Quindi se per la persona è fondamentale mettersi in ascolto di sé per conoscere le proprie risorse, per prendere consapevolezza del proprio talento, per dare un senso a ciò che vuole diventare, nel coaching, la capacità di ascolto del coach è una competenza essenziale per favorire la crescita e lo sviluppo della persona, per facilitare la sua riflessione e creare lo spazio necessario affinché, da solo di fronte ai propri pensieri, possa avanzare nel suo percorso di sviluppo.
Ascoltare è segno di rispetto e riconoscimento del ruolo e del valore dell’altro e manifesta la piena disponibilità alla comprensione di quanto viene detto.
L’ascolto va oltre la semplice cortesia o buona educazione, oltre al bisogno di affermare le proprie opinioni in relazione a quanto dice l’altro. Il coach ascolta per favorire lo sviluppo della persona e per farlo deve essere assolutamente presente, attento e focalizzato per cogliere il detto e il non detto, per leggere tra le righe di quanto ascolta, senza valutare, confrontare, giudicare con quello che sono o possono essere in quel momento le sue idee, i suoi convincimenti, le sue credenze.
Ascoltare vuol dire:
prestare attenzione a ciò che viene detto e a ciò che non viene detto, percepire, tramite le parole e i gesti, il vissuto, la gioia e il dolore;
accettare in modo incondizionato tutto ciò che accade anche qualcosa di imprevisto;
avere un autentico interesse verso sé stessi e gli altri, significa non giudicare e accettare, senza se e senza ma, pregi e difetti che ci rendono unici.
Ascoltare rappresenta la base della comunicazione ed è una capacità sulla quale bisogna esercitarsi e allenarsi quotidianamente senza dimenticare che non si può riuscire ad ascoltare gli altri se prima non si impara ad ascoltare realmente se stessi.
Essere ascoltati e ascoltare meglio permette di andare in profondità di noi stessi, di cogliere ciò che non vogliamo dire, di esplorare diverse possibilità e soluzioni, di essere, una volta ogni tanto, protagonisti della scena, ci consente, così, di lasciare spazio a ciò che non fa rumore e riflettere su tutto questo creando inevitabilmente consapevolezza.
“Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche” Jean Paul Sartre.
ENTRANO IN GIOCO LE EMOZIONI
Quando si scende in campo ogni volta è una partita diversa, ogni volta ci sono fattori diversi ed emozioni diverse che possono cambiare le cose. Le emozioni sono il sale della vita ma capire le proprie emozioni e capire anche quelle di chi ci sta intorno, di chi sta in campo con noi, è indispensabile.
Le emozioni ci condizionano, ci fanno pensare in maniera diversa, possono creare turbamento, possono rafforzare la nostra motivazione e in alcuni casi rallentare la nostra capacità di ragionare.
Le emozioni, se non sappiamo gestirle, ci possono travolgere per questo è importante imparare a riconoscerle e a orientarle in modo costruttivo per il raggiungimento del proprio benessere e per vincere la nostra partita interiore.
Daniel Goleman, psicologo, giornalista e scrittore statunitense, nei sui studi sull’intelligenza emotiva, afferma che riconoscere le proprie emozioni, saperle gestire e provare empatia sono le abilità che influenzano di più la vita dell’uomo e le sue probabilità di successo e di felicità.
Secondo Goleman l’intelligenza emotiva è l’insieme di cinque abilità:
conoscenza delle proprie emozioni intesa come capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta. L’autoconsapevolezza di esse è un elemento fondamentale per gestire al meglio le varie situazioni;
gestire le proprie emozioni intesa come capacità di controllare i sentimenti in modo che siano appropriati alla situazione;
motivazione di se stessi intesa come capacità di padroneggiare le emozioni per riuscire a concentrarsi, per trovare motivazione e controllo di sé;
riconoscimento delle emozioni altrui intesa come capacità di provare empatia ossia comprendere le emozioni che sta vivendo l’altro;
gestione delle relazioni intesa come capacità di gestire le emozioni le emozioni altrui per entrare in sintonia con gli altri e gestire in modo efficace le relazioni interpersonali.
Le emozioni non vanno soppresse, sono parte della nostra personalità, ma vanno riconosciute per poterne prendere consapevolezza e incanalarle in risposte efficaci e costruttive.
Utilizzare l’intelligenza emotiva vuol dire saper attingere dalle proprie emozioni per ottenere maggiori informazioni, per aumentare la consapevolezza delle scelte e delle decisioni importanti. Formare un’alleanza con i propri sentimenti può essere una scoperta chiave che può essere utile per migliorare la qualità della vita e vincere la partita interiore.
L’intelligenza emotiva è anche saper riconoscere le emozioni altrui, saperle accogliere, consapevoli che non sono le nostre.
Essere empatici significa riuscire a mettersi nei panni dell’altro, condividere lo stato emotivo attraverso un’esperienza vicaria, ovvero riuscire a sintonizzarsi sull’esperienza emotiva dell’altro, attraverso la consapevolezza emotiva che ciò che si vive, lo si vive attraverso l’emozione dell’altro.
L’empatia può quindi condizionare la qualità delle relazioni.
Nel coaching, l’empatia è un’altra qualità essenziale del coach in quanto permette di creare uno spazio sicuro, di accoglienza e non giudizio che consente alla persona di sentirsi libero di aprirsi nel suo profondo al fine di prendere consapevolezza che razionalità ed emozione non sono elementi separati ma interconnessi e quindi permette di fare un scelta in sintonia con le proprie motivazioni interiori favorendo l’ingaggio di entrambe le aree limitando però le interferenze.
VERSO LA VITTORIA
Nemmeno Gallwey vuole spiegare cosa significa vincere quando si parla di gioco interiore perché per ognuno avrà un significato diverso, avrà un sapore diverso, ognuno riconoscerà il sé2 e ne prenderà consapevolezza attraverso un viaggio diverso.
Vincere è una sfida che ognuno dovrebbe affrontare attraverso un processo di scoperta di sé che ci consenta di acquisire consapevolezza di noi stessi, delle nostre potenzialità, dei nostri talenti per diventare ciò che siamo.
Prima di iniziare questo percorso avevo letto qualcosa sul coaching, ma mai avevo colto quanto fosse importante andare in profondità, quanto fosse importante fermarsi a contemplare, abbandonare le proprie paure per aprire le ali e buttarsi nel volo verso la felicità.
E ancora di più ho capito quanto importante possa essere un percorso di coaching quale aiuto per raggiungere la propria autorealizzazione attraverso un coach che applica un metodo preciso, pragmatico e scientifico, un coach che, con ascolto e accoglienza dell’unicità altrui, con alleanza senza se e senza ma, con empatia, con domande e feedback, pone le basi per la costruzione di una relazione facilitante e autentica, un coach che ha una visione d’insieme, prospettica e distaccata, un coach che egli stesso si allena sulla sua consapevolezza e cura di sé al fine di stare nel qui e ora e in uno stato di centratura che gli consenta di essere quello specchio pulito e riflettente dell’anima altrui, un coach che allena per raggiungere la CONSAPEVOLEZZA quale trampolino di lancio per l’AUTODETERMINAZIONE delle proprie azioni e cambiamenti con RESPONSABILITA’ (abilità di produrre risposte) in direzione dell’EUDAIMONIA (C.A.R.E.®), ossia quella felicità che tutti perseguiamo e a cui aspiriamo: il senso della nostra vita.
Il coaching, attivando la presa di coscienza da parte della persona, permette di realizzare un cambiamento profondo e duraturo.
Imparare ad affrontare la vita in uno stato di centratura e benessere interiore aiuta non solo a evitare le turbolenze emotive, ma anche a mantenere quotidianamente una costante armonia e un allineamento tra cuore, mente ed emozione, migliorando le interazioni con gli altri e creando un equilibrio nello stato interiore.
Ma, per fare tutto ciò, per riuscire a vincere la partita più importante e a raggiungere il proprio scopo, da buona sportiva sono convinta che bisogna allenarsi, allenarsi e allenarsi ancora, costantemente e quotidianamente.
Perché le coppe si vincono in allenamento … poi si va in gara solo per ritirarle.
Laura Botton
Consulente del Lavoro e Coach
Rovigo
laura.botton@virgilio.it
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