Categoria: Come si cambia

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Come si cambia

Come si cambia?

Voglio iniziare questo racconto definendo in primis che cos’è il cambiamento.

Charles Darwin (Londra 1882), biologo e naturalista britannico disse:
“Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente ma la specie che risponde meglio al cambiamento”.

Con la teoria evoluzionistica Darwin dimostrò che l’evoluzione è l’elemento comune, il filo conduttore della diversità della vita.
E da qui, viene inevitabile, la domanda: l’uomo è una specie? L’uomo a quale macrocosmo appartiene?

Dal momento in cui per “specie” si intende la classificazione di tutti i diversi organismi viventi, direi che la risposta alla prima domanda è nettamente SI.
E l’uomo come specie umana, insieme alla specie animale, vive e sopravvive nella Natura, che è il nostro mondo, il nostro Universo e ciò che in definitiva detta Legge.

La differenza sostanziale che esiste fra l’uomo e l’animale, è che grazie al suo cervello sviluppato, l’uomo ha il libero arbitrio, ossia la capacità e la possibilità di scelta “liberamente” determinata. Ma avere la capacità e la possibilità di scelta, vedremo in seguito, non significa per forza, che l’uomo la utilizzi sempre.

Diamo, innanzitutto, un’occhiata “consapevole” alla natura che ci circonda.

Albero in inverno – L’albero è spoglio, privo di foglie, con i rami secchi. Ma sono proprio quegli stessi rami di cui avrà bisogno per poter rifiorire.
Albero in primavera – L’albero è nel pieno della sua bellezza, rinato, ha nuovi germogli e i fiori già sbocciati, in tutto il loro splendore.
Albero in estate – L’albero è verde, rigoglioso, brillante, sia che abbia i fiori o meno. È la stagione in cui esso ha più energia e dona tutte le sue proprietà e i suoi frutti.
Albero in autunno – L’albero ha alcune foglie di color giallo, altre di color rossastro e altre cadono e si staccano dai rami, perché hanno terminato il loro ciclo.

 

LA RESISTENZA AL CAMBIARE

Noteremo che esistono cicli e stagioni in continuo cambiamento: non ci può essere l’inverno, se prima non c’è stato un autunno e prima ancora un’estate; gli alberi, le piante, i frutti e i fiori, prima germogliano, poi crescono, poi si maturano e poi si seccano e lasciano andare foglie e rami secchi. Questo succede anche in molte specie di animali “selvaggi”, che cambiano habitat a seconda delle stagioni a cui vanno incontro e si trasferiscono, in gruppi o solitari, in luoghi più adatti a loro per soddisfare i loro bisogni di cibo e di sopravvivenza.

E allora, perché l’uomo, che si considera la specie più “intelligente”, fa molto spesso resistenza al cambiamento?

Perché l’uomo dotato di libero arbitrio, preferisce rimanere nella sua zona di comfort, piuttosto che migliorare e cambiare le sue cattive abitudini?

Questa è una domanda aperta, su cui abbiamo dibattuto a lungo durante questo corso di Coaching. Un quesito che stimola la riflessione, utile alla raccolta di informazioni e di punti di vista, un interrogativo che inevitabilmente porterà ad una risposta personale.

 

LA MIA RISPOSTA

L’essere umano è per sua natura restio al cambiamento, in quanto nasce, cresce e si sviluppa in un contesto familiare e sociale dove, per imprinting, impara a parlare, muoversi e a comportarsi secondo le sue percezioni e il modello che gli viene proposto.

Proprio per questo “la mappa non è il territorio”, nel senso che ciò che è “naturale” per me, non lo può essere per un’altra persona, magari nata in Africa, piuttosto che in Danimarca. Nato e cresciuto, secondo certi standard, abitudini e modalità relazionali, sentendo sempre le stesse parole dalla propria madre o dal proprio padre e vedendo sempre gli stessi atteggiamenti, ciò che per lui sarà “vero” e naturale, sarà assolutamente individuale.

Infatti i pensieri più frequenti creano nel nostro cervello, una sorta di autostrada neuronale, aumentando la probabilità che gli stessi si ripresentino invariati nel tempo e le parole più frequenti vengono somatizzate dalle nostre cellule corporee, creando il nostro stato di malessere o benessere.

A causa dell’esistenza di questo meccanismo, diventa difficile cambiare il proprio punto di vista, così come è sempre difficile affrontare un cambiamento di qualsiasi genere.

Inoltre, dietro ad ogni cambiamento corrisponde sempre la paura del nuovo e dell’inaspettato. Siamo talmente assuefatti dalla realtà che ci circonda e dalle abitudini che abbiamo, che solo cambiare strada per andare al lavoro piuttosto che cambiare bar per la colazione, ci sembra strano e a volte anche controproducente.

Per non parlare della paura che sta dietro al cambiare amicizie, partner o lavoro. La domanda che ci poniamo è:

“Perché dovrei cambiare?”

La risposta potrebbe essere molteplice, a seconda della situazione che sta vivendo l’individuo. Ma la domanda forse, più costruttiva e indagatoria potrebbe essere:

“Perché non dovrei cambiare?”

Se una relazione non mi soddisfa più, perché rimanere nella stessa dinamica?
Se un amicizia non mi appartiene più, perché rimanere finti amici piuttosto che veri ex-amici?
Se torno a casa frustrato e arrabbiato perché non sto svolgendo un lavoro che mi appaga, perché non anticipare il cambiamento e cercare una nuova visione del mio futuro desiderato?

Una risposta univoca, per tutte le domande, potrebbe essere:

“Perché ho paura!”

La paura e il senso di colpa sono i due più grossi ostacoli interiori che una persona possa avere: paura di fallire, paura di rimanere soli, paura di non accontentare più le esigenze altrui, paura di non essere più ciò che gli atri si aspettavano… E la lista, ve lo garantisco, può essere davvero lunga.

Stessa cosa per i sensi di colpa, ma cerchiamo di andare più in profondità: cosa c’è dietro alla PAURA e al SENSO DI COLPA?

Dietro queste emozioni negative si nasconde la credenza che io debba essere come mia madre e mio padre mi vogliono, la credenza che se io cambio, poi gli altri non mi vogliono più bene o non mi riconoscono più, la credenza e la ferma convinzione che io sono fatto così e non posso cambiare!
Quindi la paura e il senso di colpa la fanno da padrone e ci guidano verso le scelte che ogni giorno siamo chiamati a prendere, perché ricordatevi bene che scegliere o non scegliere è sempre una SCELTA!

A tale proposito, lo scrittore Neale Donald Walsch afferma:

“Finché vi preoccuperete di ciò che gli altri dicono di voi, sarete di loro proprietà. Solo quando non avrete bisogno dell’approvazione degli altri sarete padroni di voi stessi.”

Proseguiamo con le parole di Gary Zukav nel libro “Una sedia per l’anima”:

“Ogni azione, ogni pensiero, ogni sentimento è motivato da un intenzione, e quell’intenzione è una causa che produce un effetto. Se condividiamo la causa, non è possibile non condividere l’effetto. Perciò siamo responsabili di ogni nostra azione, pensiero e sentimento. Vale a dire di ogni nostra intenzione.”

Quindi sono pensieri e convinzioni che io mi sono creato e che hanno generato nel tempo delle azioni, che hanno portato dei risultati, ed in particolare il risultato di ciò che io sono adesso!
WOW! Quindi io sono il risultato dei miei pensieri e il presente è frutto del mio passato!

Bene, se fin qui ci siamo, possiamo comprendere che dietro a questo concetto c’è anche la responsabilità del proprio essere e la consapevolezza che cambiando i propri pensieri, potranno cambiare anche i propri risultati.

Ed è proprio quello che ci aiuta a fare il Coaching, perché con domande aperte, chiuse o a doppia scelta, ci dà la possibilità di esplorare nuovi modi di pensiero ed acquisire consapevolezza per una autodeterminata scelta verso l’eudaimonia (C.A.R.E.® – Pannitti, Rossi).

Il Coaching è un potente strumento, che permette alle persone di prendere piena consapevolezza del proprio presente percepito e di immaginare e di sentire come potrebbe essere il proprio futuro desiderato.

Se ti svegliassi domani mattina con una bacchetta magica:

  • cosa faresti?
  • dove andresti ?
  • con chi ?
  • e come ti sentiresti ?

Queste sono state le domande che io stessa mi sono posta, all’inizio del mio percorso di conoscenza di me stessa.

 

UNA STORIA

Voglio ora in queste poche righe raccontarti una storia:

“C’era una volta una ragazza, solare, energica, brillante e molto socievole, che si alzava ogni mattina per andare a lavorare in ufficio, come contabile amministrativa.
Lo faceva ormai da quasi 18 anni e svolgeva il suo lavoro con dedizione e metodo. I suoi clienti la stimavano parecchio, perché oltre a svolgere bene il proprio lavoro, lei aveva sempre il sorriso e un pensiero cordiale per tutti.
Ma venne un giorno, che la ragazza si ammalò e dovette rimanere a casa per un lungo periodo. Sola, stesa nel letto di casa, la ragazza si sentì, per la prima volta, come abbandonata a se’ stessa, come se tutto il mondo esterno che fino a qualche giorno prima la circondava, non ci fosse più.
Pianse, pianse tanto e quasi non si capacitò del fatto, che tutti coloro che prima la cercavano al lavoro, poi non le avessero neanche chiesto come stava, e ancora di più l’avevano in poco tempo sostituita con un altra collega. Ma dopo giorni passati fra lacrime e fazzoletti, la ragazza decise di schiarirsi la mente leggendo un libro: “Il gabbiano Johnatan Linvingston” di Richard Bach.
Questo libro, per lei fu illuminante, e da quel giorno iniziò a porsi delle curiose domande, delle domande mai fattasi prima :
– chi sono io?
– per chi sto facendo il lavoro che faccio? perché?
– sono contenta e soddisfatta del mio lavoro?
– perché mi sono ammalata?”

Non vi racconto le risposte, vi racconto solo il finale della storia:

“La ragazza riuscì a guarire dopo qualche mese, andò in ufficio per l’ultimo giorno per consegnare una lettera di licenziamento. Scrisse poi una mail a un azienda di farmaci omeopatici in cui credeva, proponendosi come venditrice. Dopo pochi giorni incontrò il direttore commerciale che credette nella sua passione e nella sua determinazione e le dette l’incarico commerciale per la sua zona. La ragazza, convinta della scelta che aveva preso, consapevole di ciò che voleva vendere e soprattutto per quale motivo, iniziò questo nuovo lavoro, e nonostante avesse molte ansie e paure per una mansione del tutto sconosciuta, riuscì a vincerle grazie alla sua consapevolezza e alla sua determinazione.
Oggi quella ragazza è la prima venditrice d’Italia di tale azienda, organizza corsi di omeopatia e si alza ogni mattina con il sorriso, un sorriso sincero, fatto di consapevolezza. La consapevolezza di chi sa che la propria salute, il proprio benessere fisico e mentale è molto più importante di fare ciò che vorrebbero gli altri e se mai un domani le cose dovessero cambiare, avrà lavorato per il proprio bene, per la propria soddisfazione e per un valore intrinseco che è stare bene con sé stessa per poter aiutare gli altri.”

 

CONCLUSIONE

Voglio quindi concludere ricordando che il cambiamento non è facile, non è scontato e sicuramente a volte destabilizza.
Ma il cambiamento è allo stesso tempo necessario, necessario per non morire, necessario – come per gli alberi – per poter rinascere ad ogni stagione della nostra vita, più nuovi e più ricchi di prima.
Perché in natura tutto ciò che non si evolve muore, e se non dedichiamo sufficiente attenzione alla nostra evoluzione e al nostro sviluppo come persone, moriremo dentro!
Vi lascio con le note di questa bellissima canzone di Fiorella Mannoia: Come si cambia.

Come si cambia per non morire 
Come si cambia per amore 
Come si cambia per non soffrire 
Come si cambia per ricominciare

Mara Mussoni
Consulente e Venditrice per Scelta e per Passione
Cancer Coach per Valori e Missione di Vita
Repubblica di San Marino
www.cancercoach.it
mussonimara@gmail.com
cancercoachmara@gmail.com

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