
Come gestire i conflitti interni con le domande efficaci
Incontrare in sede di sessione un Coachee significa anzitutto accogliere la storia e la narrazione dei suoi conflitti. Di secondo, stabilire una relazione facilitante presuppone la capacità di sancire una alleanza di fiducia con lui/lei, a partire dalla legittimazione delle sue contraddizioni e dei suoi disorientamenti.
Lo scopo è stimolare nel Coachee una mobilità di ragionamento che lo porti fuori dalla staticità dei pensieri e delle soluzioni, conducendolo passo a passo verso una maggiore chiarezza di sé e consapevolezza, sia dei suoi paradigmi ostacolanti, sia degli elementi di possibilità e potenzialità. Il tutto avviene attraverso lo strumento delle domande efficaci, tali per potenza esplorativa e pro-motiva.
Come esplorare efficacemente i conflitti del Coachee?
La gestione dei conflitti interni, in fase di sessione, è cosa ricca di imprevisti poiché in essi si annidano contraddizioni, incoerenze, opacità di pensiero e di desiderio, schemi mentali e maschere interiori. In particolare, le contrapposizioni o polarizzazioni che alimentano credenze e pregiudizi tra ciò che sente e vuole, sempre impegnano il Coachee in un atto di responsabilità che richiede energia e concentrazione. Diversamente le sue stesse potenzialità e risorse non hanno modo di svilupparsi se lasciati irrisolti poiché i conflitti interni, soprattutto quelli non consapevoli o per nulla funzionalizzati, hanno la forza di porsi come grandi sabotatori di autoefficacia, di scelta e di azione.
In quest’ottica, compito delle domande efficaci di Coaching è facilitare nel Coachee l’abilità ad alfabetizzare i propri vissuti, di discernere i conflitti per grado di valore, di togliere il velo dei loro mascheramenti per una maggiore lucidità di intenti e di obiettivi. Un intervento efficace di coaching presuppone allora lo sviluppo di una sequela di domande, organizzate secondo scala di inferenza e livelli di ristrutturazione del pensiero, tale per cui il Coachee riesce ad attivarsi in una concreta progettazione di sé, superando l’empasse e cominciando a guardare nella direzione di una azione concreta e coerente.
Quale focus per una migliore gestione dei conflitti interni?
Nella mia esperienza alcune domande diventano più efficaci, esplorando i seguenti paradigmi:
- Il suo andare verso, andare contro, fuggire da…
- La discrepanza esistente tra reale e ideale
- La relazione tra desiderio, volontà, dovere
- Il discernimento tra dati/fatti oggettivi e l’attribuzione dei loro significati soggettivi
- Le tendenze interpretative in funzione degli schemi mentali
- Il rispecchiamento tra azioni e convinzioni limitanti
- La leva delle spinte interiori: che cosa mi posso o non mi posso legittimare?
- Lo svelamento delle possibilità che non sono state prese in considerazione
- La relazione con il tempo del “qui ed ora “.
- La propensione al cambiamento (fixed mindset o growth mindset?)
Il materiale umano è questione delicata.
All’interno della gestione dei conflitti, l’essere Coach implica una competenza di metodo professionalizzata, capace di condurre il Coachee verso una scelta consapevole e autodeterminata, responsabile nella misura in cui si dimostra capace di prendere decisioni e di accettarne le conseguenze.
Il tutto avviene attraverso la sapienza di porre in essere quesiti efficaci, senza mai dimenticare che ogni domanda richiede di essere rimodulata sulla base del mondo poliedrico del Coachee, tale per cui vale sempre la pena partire dal pensiero dello scrittore e filosofo Kierkegaard: “La vita della realtà è troppo molteplice perché non si mostri con contrasti e contraddizioni, nella scelta tra due o più possibilità desiderabili e apprezzabili. Ne sono precondizioni i nostri desideri e sentimenti.”
Per approfondimenti sull’argomento puoi leggere l’articolo “L’arte di porre domande efficaci”.
In esclusiva per INCOACHING®, testo di Simona Rebecchi – Coach professionista diplomata INCOACHING®
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