
Applicare il Coaching nell’insegnamento delle lingue
INTRODUZIONE
“Il ruolo del coach non è giocare, ma allenare.”
Partendo da questa affermazione sul processo del coaching, vorrei in questo mio lavoro sottolineare come il ruolo dell’ allenatore così inteso dovrebbe essere considerato non solo del coach, ma anche di un’altra figura: quella dell’insegnante.
Ciò è particolarmente vero nel mio ambito lavorativo attuale: quello dell’insegnamento dell’italiano a parlanti adulti non madrelingua, e dell’inglese a madrelingua italiani.
Del resto, anche nel significato della parola coach è compresa, oltre a quella dell’allenatore, la figura dell’insegnante. Al quale oltretutto le culture anglosassoni si riferiscono spesso come trainer.
Durante il corso ho spesso riscontrato affinità tra il metodo del coaching e quello del cosiddetto “Learner-Centered Teaching”, vale a dire l’insegnamento sviluppato intorno ai reali bisogni formativi e alla individualità dello studente.
Secondo i suoi principi “Gli studenti devono essere coinvolti direttamente nel processo di apprendimento. Più individualizzato è l’insegnamento, più è efficace.” (Costas Gabrielatos – EFL Writing: Product and Process, 2002).
Ecco quindi il perché del titolo della mia tesina, che rappresenta un tentativo di capire quali elementi del metodo coaching possano venire usati durante una lezione di lingue per renderla il più possibile mirata sulla personalità, sulle attitudini e sulle potenzialità del singolo studente, allo scopo di renderlo maggiormente consapevole e responsabile del proprio percorso di studio.
IL RUOLO DEL DOCENTE – COACH
Come nel coaching la figura del coachee è posta al centro della sessione, lasciandogli la facoltà di dirigerne l’esito seppur stimolato e assistito dal coach, così nel Learner-centered teaching la figura dello studente è posta al centro della lezione.
Confrontando la geometria dell’interazione coach- coachee e quella della relazione docente- studente, si può affermare come nell’ultimo caso essa sia:
Asimmetrica nella relazione: perché il docente non può porsi alla pari rispetto allo studente/cliente, come invece nel coaching. Viene infatti sempre e comunque percepito come modello linguistico da imitare, e come “giudice” possessore della competenza che gli permette di stabilire se ciò che lo studente produce in aula sia giusto o sbagliato in relazione agli obiettivi di apprendimento stabiliti.
Complementare nei ruoli: simile in questo caso alla relazione di coaching, in cui ognuno degli attori ha il suo ruolo specifico e distinto sin dall’inizio.
Asimmetrica nel contenuto: il focus è infatti lo studente e certamente non il docente, così come nel coaching il focus è il coachee.
E’ dunque lo sbilanciamento a favore del cliente ad accomunare e a caratterizzare i due tipi di relazione, oltre alla complementarietà dei due ruoli ufficialmente ben distinti e definiti.
Vi è però una differenza fondamentale tra l’interazione docente/studente e quella coach/coachee. Mentre in quest’ultima l’obiettivo della singola sessione e dell’intero percorso viene sempre deciso dal coachee, nella prima l’obiettivo della singola lezione e quello più generale dell’intero programma del corso sono decisi per la maggior parte dall’insegnante, spesso con una decisione a priori basata su di un test d’ingresso che serve a determinare il livello di conoscenza linguistico dello studente. Ecco dunque come, all’interno di questa relazione fortemente istituzionalizzata, un approccio di coaching potrà invece restituire allo studente quella responsabilità, consapevolezza ed autonomia che egli tenderà invece naturalmente a delegare al docente in base ai ruoli prestabiliti della relazione. In quanto “generatore di consapevolezza” (John Withmore), l’insegnante dovrà rendere lo studente quanto più consapevole del fatto che è lui stesso il vero responsabile del suo progresso, mentre il docente gli fornirà gli input necessari ad accompagnarlo nel suo percorso, monitorando progressivamente i suoi risultati in relazione all’obiettivo di apprendimento previsto.
LA RELAZIONE IN AULA
1.Accoglienza
E’ importante che lo studente si senta da subito libero di esprimersi come meglio crede, senza paura di fare errori e di venire costantemente valutato. L’errore deve infatti essere considerato, sempre sulla base di un approccio di coaching, una tappa fondamentale e necessaria nel processo di apprendimento, e non un segnale di mancata riuscita o, peggio, di valutazione delle capacità intellettive dell’individuo.
2.Ascolto
Come abbiamo più volte rimarcato nel nostro corso, la capacità di ascolto del coach è fondamentale nell’applicazione del metodo. Esercitandola lasciamo tutto lo spazio e il tempo necessario al coachee perché possa esprimere i suoi desideri, i suoi obiettivi e le sue emozioni. Tale punto rappresenta a mio parere un’importante integrazione del coaching al modello del Learned-centered teaching, che deve anch’esso concedere quanto più spazio possibile all’espressione della personalità dello studente, lasciandolo libero di apprendere e di esprimersi nel modo e con i tempi che predilige, senza che l’insegnante abusi del controllo implicito nel suo ruolo.
Come nella sessione di coaching, anche nella lezione il silenzio deve essere utilizzato dal docente in modo funzionale alla buona riuscita della stessa, evitando di interrompere il flusso di pensiero dello studente lasciandogli invece la gestione del proprio spazio personale di riflessione. La troppa loquacità dell’insegnante sarà quindi da considerare un difetto, un sottrarre spazio allo studente, limitandone il ruolo attivo nel tempo già di per sé limitato della lezione.
3.Alleanza
Fin dalla prima lezione, è fondamentale stabilire il giusto “imprinting relazionale” con lo studente, il giusto feeling: senza questo viene infatti pregiudicato l’intero andamento del corso, per arrivare al caso estremo in cui lo studente chiede espressamente di cambiare insegnante, perché sente che qualcosa non funziona come dovrebbe nella relazione.
Ecco quindi come sia fondamentale, al fine della riuscita del percorso didattico, che lo studente-coachee si senta costantemente supportato, rispettato, e accettato “senza se e senza ma” dall’insegnante-coach.
4.Autenticità
In questo ambito direi che il saper ESSERE del docente è nettamente più importante del suo saper FARE. Saranno infatti le sue qualità personali quelle su cui dovrà puntare, per farle emergere affinché siano chiaramente percepite nel loro valore. Se un insegnante viene da subito sentito come tecnicamente preparato e competente, ma al tempo stesso troppo didattico ed accademico, freddo e distante dai reali bisogni del suo studente, poco interessato ad indagarne la personalità e le potenzialità, manterrà tale immagine da inizio a fine corso, determinando come risposta un atteggiamento di irrigidimento e chiusura assolutamente deleterio e disfunzionale al fine dell’ apprendimento.
USO DI DOMANDE EFFICACI
Questo è un punto interessantissimo per cui il coaching può risultare di notevole aiuto a un modello di insegnamento che voglia essere centrato sullo studente e sulla scoperta e l’ uso efficace delle sue potenzialità.
Troppo spesso, durante una tradizionale lezione, le domande fatte dal docente allo studente sono volte unicamente a correggere gli errori, o a verificare che abbia capito l’esercizio da fare, la regola grammaticale o il vocabolo spiegati. Quasi mai si chiede allo studente un feedback sui sentimenti o emozioni provati durante la lezione, o in che modo senta di stare apprendendo la lingua e quali difficoltà percepisca come veri ostacoli.
Pensiamo al potere di domande come:
“Quanto senti di avere imparato oggi, in una scala da 1 a 10?”
“Come sai di essere migliorato/peggiorato?”
“Quale consiglio daresti a un collega che, nella tua situazione, vorrebbe migliorare?”
“Cosa farai di nuovo? Quando lo farai?”
E ancora, prendendo in esame gli ostacoli che tutti prima o dopo incontrano durante l’apprendimento:
“Cosa puoi cambiare ?”
“Che cosa puoi fare di diverso per superare l’ostacolo?”
“Che voto ti daresti adesso su una scala da 1 a 10?”
“Cosa puoi fare per migliorare il tuo voto?”
L’uso di domande efficaci, in particolare di quelle aperte, spingerà la persona a pensare da sola, stimolando consapevolezza e responsabilità, fornendo così un input di qualità superiore.
Si provocherà una riflessione più profonda, capace di generare nuove idee e intuizioni, volte al futuro visto come una soluzione, e non al passato o al presente visto come un problema.
Ho provato a fare questo tipo di domande a studenti di italiano a livello medio/avanzato, in grado di comprenderne il senso. Ho fatto le domande a fine lezione, come momento di revisione su quanto appena imparato e di programmazione di nuovi obiettivi. Ed ho visto come siano effettivamente in grado di spingerli a pensare, a riflettere sul proprio potenziale espresso ed inespresso, rendendoli più consapevoli, responsabili ed autonomi, più propensi al passare all’azione spostandosi da una posizione passiva ad una attiva.
INDIVIDUAZIONE DELLE POTENZIALITA’
Come quello del coach, lo sguardo dell’insegnante deve essere attento a rilevare le potenzialità del suo studente, per restituirgliele ed allenarle insieme a lui. Se la Psicologia Positiva ci dice che ogni persona possiede un certo numero di potenzialità, sarà compito dell’insegnante portare lo studente ad essere consapevole delle proprie, al fine di allenarle in direzione dello scopo prefissato. In questo momento l’insegnante diventa anche allenatore, trainer dello studente, aiutandolo a raggiungere il traguardo che egli stesso si è assegnato. Il docente-coach dovrà inoltre imparare a focalizzare l’attenzione sui sentimenti e le sensazioni che trapelano dallo studente nel corso della lezione, che gli permetteranno di tarare la propria comunicazione al fine di creare un ambiente facilitante in cui lo studente possa esprimersi il più liberamente possibile. Si cercherà dunque di portarlo il più possibile nello stato cosiddetto di “Flow”, stimolando costantemente le sensazioni positive che ne sono alla base.
Dovremmo quindi considerare secondo questa visione gli esercizi scritti e orali proposti a lezione come gli “esercizi intenzionali” del coaching: cioè il modo per stimolare, allenare e rafforzare le potenzialità dello studente, uscendo dalla sua zona di comfort per entrare in quella di apprendimento. E’ fondamentale quindi che egli partecipi consapevolmente ed attivamente a tale processo, attivando le proprie “competenze calde”, la propria “agency”.
OBIETTIVI
L’attenzione dello studente sarà quindi costantemente diretta alla focalizzazione e definizione dell’obiettivo.
Alcune domande efficaci che egli potrà porsi con l’aiuto del docente per facilitare questo processo saranno ad esempio:
- “Qual è l’obiettivo attuale del mio studio ? Che percezione ho di esso?”
- “Quale elemento che sto imparando mi piace di più, e quale di meno?”
- “Cosa mi interessa veramente ottenere da questo lavoro?”
- “Il voto finale sarà la sola gratificazione?”
- “Cosa voglio in fondo dimostrare?”
E’ da ultimo estremamente interessante rilevare come, seguendo il processo di
“smarterizzazione” degli obiettivi tipico del coaching, si potrebbe chiedere allo stesso studente di misurarne l’avvenuta realizzazione, utilizzando ad esempio le scale Likert, e restituendogli quindi un’altra volta responsabilità ed autonomia. Anche questo è un elemento nuovo che non viene affatto utilizzato nei normali corsi di lingua, dove è invece sempre il docente ad effettuare ogni tipo di valutazione.
CONCLUSIONE
La lezione più importante che ho tratto come persona dall’adottare lo sguardo del coach è quella del focus costantemente rivolto alle potenzialità e non ai limiti di chi mi sta davanti. Come insegnante, ciò mi porta a inoltre considerare come il metodo del coaching possa essere utilizzato per costruire percorsi di apprendimento aperti e percorribili in varie direzioni. E per guardare con consapevolezza allo studente come a un sistema dinamico e in costante evoluzione. Tenendo sempre presente che la sequenza dell’apprendimento non può essere predeterminata in modo rigido, ma va riorganizzata strada facendo. Anche le pratiche valutative dovranno quindi essere orientate all’osservazione dei progressi dal punto di vista non solo dell’insegnante, ma soprattutto dello studente stesso, che a fine corso si auspica abbia imparato non solo una lingua straniera, ma anche a :
- Prendere coscienza dei propri reali obiettivi, sentendosi attore assoluto del proprio percorso.
- Stabilire una interazione costruttiva tra le sue conoscenze e le sue abilità.
- Acquisire un metodo di studio efficace.
- Dimostrare spirito di iniziativa e coinvolgimento emotivo.
- Dimostrare un più alto grado di autoefficacia e di ambizione.
- Condividere pensieri ed emozioni dei suoi compagni di corso, sentendosi parte del gruppo.
- Autovalutarsi in modo sincero ed oggettivo, con un focus rivolto più al processo che al risultato.
Diego Mese
Life-Business-Sport Coach
Collegno (To), Italia
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