
Coaching e Motivazione
“Il coaching è un metodo di sviluppo di una persona, di un gruppo, o di un’organizzazione, che si svolge all’interno di una relazione facilitante, basato sull’individuazione e l’utilizzo delle potenzialità per il raggiungimento di obiettivi di miglioramento/cambiamento autodeterminati e realizzati attraverso un piano d’azione” (INCOACHING).
Personalmente mi piace guardare a questo articolato cammino di sviluppo come ad un percorso che comprende, per il coachee, un importante processo di tipo motivazionale.
Se guardiamo all’etimologia del termine motivazione osserviamo che le origini portano al latino motīvu(m) ovvero “fornire (buone) ragioni per muoversi” e al greco thymos cioè “moto fisico e moto dell’animo”. In entrambe queste accezioni si può notare subito una forte analogia tra l’essenza della motivazione e quella del coaching: motīvu(m) rievoca il momento di riflessione del coachee sull’insieme delle proprie convinzioni, pensieri, ragioni che lo portano ad intraprendere determinate azioni; thymos, tra le molteplici interpretazioni che possono essere attribuite, ricorda la fase di allenamento (attraverso esercizi in presenza del coach/workout/esperienze proprie del coachee) in cui il coachee mettendosi in gioco si sperimenta, muovendo la propria componente cognitiva, emotiva e fisica.
Il presente elaborato si pone l’obiettivo di evidenziare come alcuni elementi distintivi del processo di coaching abbiano per il coachee una forte valenza motivazionale. A tali fini viene spontaneo mettere a confronto due modelli per me significativi
- Da una parte i contenuti del coaching promossi dalla Scuola INCOACHING
- Dall’altra la teoria della motivazione di Daniel Pink, un autore che nella sua pubblicazione Drive: The Surprising Truth About What Motivates Us riesce a delineare con estrema efficacia le componenti essenziali su ciò che ci motiva nella vita.
La motivazione secondo Daniel Pink
L’approccio di Pink prende spunto da diversi studi e ricerche tra cui quella che Deci e Ryan hanno definito come “teoria dell’autodeterminazione”. Questa teoria parte dai bisogni umani universali, sostenendo che abbiamo tre innati bisogni psicologici: di competenza, di autonomia, e di relazione. Quando questi bisogni sono soddisfatti, allora siamo produttivi, motivati e felici. Quando sono ostacolati, la nostra motivazione, produttività e felicità crollano.
Nella sua disamina su questo costrutto psicologico, Pink prende in considerazione la natura della motivazione dell’uomo, anche in relazione alla trasformazione del contesto socio-economico che ha accompagnato l’evoluzione dell’uomo nel corso dei secoli. Pink, considerando il tema della motivazione e indagandolo anche in relazione al concetto della prestazione individuale, evidenzia come la scienza dimostra che i tipici fattori motivanti del XX secolo tra cui sistemi di ricompense o di punizioni a volte funzionano ma sono efficaci solo in un numero di situazioni sorprendentemente piccolo. La scienza attesta che ricompense offerte, come contingenze del tipo “se fai questo, allora ottieni quello”, non sono solo inefficaci in molte situazioni, ma possono anche bloccare quelle capacità creative, concettuali e di livello superiore che sono di fondamentale importanza per il progresso della singola persona.
La scienza spiega che il segreto di un’alta performance non è la nostra motivazione biologica o la motivazione a cercare le ricompense ed evitare le punizioni, ma una terza motivazione: il nostro innato desiderio a determinare le nostre vite, estendere ed ampliare le nostre capacità, e vivere una vita con uno scopo.
In base alle evidenze portate all’attenzione dalla scienza, la motivazione si basa dunque su tre elementi essenziali:
- Autonomia: il desiderio di controllare le nostre vite
- Padronanza: il desiderio di migliorare sempre più in qualcosa che per noi è importante
- Scopo: il desiderio di fare ci che facciamo per qualcosa più grande di noi
L’Autonomia secondo Pink
Diversi studiosi del campo motivazionale considerano l’autonomia come uno dei bisogni fondamentali degli esseri umani, pensiero avvallato anche dagli scienziati sociali che hanno scoperto che l’autonomia è qualcosa che le persone ricercano e che migliora la propria vita.
Pink, riprendendo Deci e Ryan, ricorda che la motivazione autonoma implica ad agire con piena volontà e capacità di scelta, mentre la motivazione controllata implica agire sotto pressione e richieste per raggiungere determinati risultati che provengono da forze percepite come esterne al sé.
Alcune ricerche hanno evidenziato che la percezione di avere il controllo è un fattore importante nella felicità di un individuo. Tuttavia ciò su cui le persone vorrebbero avere un controllo varia molto. C’è chi infatti prova più piacere nel decidere l’oggetto di autonomia (ciò che fanno), chi il tempo di esecuzione (quando lo fanno), chi le risorse utilizzate (con chi lo fanno) e chi la tecnica impiegata (come lo fanno). La migliore strategia risulterebbe quindi comprendere che cosa è importante per ciascuna persona.
Analogia tra Autonomia di Pink e l’Autodeterminazione del Coaching
Una delle principali premesse del coaching è mettere il coachee nelle condizioni di poter determinare autonomamente il proprio percorso di sviluppo per il raggiungimento dei propri obiettivi di miglioramento o di cambiamento.
Nella metodologia del coaching si parla nello specifico di Autocontrollo e di Autodeterminazione dell’obiettivo e del piano di azione. Partendo dalla definizione dell’obiettivo è chiaro che se esso vuole avere una funzione di attivatore motivazionale deve rispondere a pieno alle reali e personali aspettative del coachee.
Come detto poc’anzi l’autodeterminazione deve essere trasversale ovvero ricoprire tutte le fasi di sviluppo del coachee; in questo senso, per rispondere agli obiettivi autodeterminati il coachee deve scegliere e costituire la strada per il raggiungimento della propria meta. Bisogna quindi definire le aree di intervento, le azioni da compiere, le priorità, lo sviluppo temporale, gli ostacoli e i facilitatori potenziali, oltre che al monitoraggio progressivo dei risultati raggiunti. In tutto ciò le azioni da compiere devono cercare di esprimere le potenzialità del coachee, solo in questo modo saranno gratificanti.
L’analogia dunque portata all’evidenza da una parte dalla metodologia del coaching, dall’altra dalla teoria sulla motivazione ci suggerisce che affidare al coachee l’autonomia nella personalizzazione del proprio percorso di crescita, grazie anche alla guida del coach, gli permette di:
- sentire veramente propri gli obiettivi e il piano di azione definiti
- responsabilizzarsi nel percorso di sviluppo
- aumentare il proprio impegno e coinvolgimento per il raggiungimento dell’obiettivo
- ottenere maggiori gratificazioni.
La Padronanza secondo Pink
Il secondo pilastro della teoria di Pink è la padronanza ovvero il desiderio di migliorare sempre più in qualcosa che per noi è importante. La padronanza inizia dal “flusso”, quell’esperienza ottimale in cui le sfide che affrontiamo sono perfettamente commisurate alle nostre capacità. La padronanza rispetta tre regole particolari:
1.è un atteggiamento mentale: richiede la capacità di considerare le proprie abilità non come finite, ma come infinitamente migliorabili. A proposito la teoria di Dweck evidenzia che il sistema di convinzione delle persone determina i risultati che riescono poi a conseguire. Le persone possono avere due differenti convinzioni circa la propria intelligenza. Chi ha una teoria “entitaria” crede che l’intelligenza sia semplicemente una entità che esiste in noi in una quantità finita e che non può essere incrementata. Chi ha una “teoria incrementale” crede invece che sebbene l’intelligenza possa variare leggermente da persona a persona, sia essenzialmente qualcosa che possiamo accrescere con l’impegno. Queste diverse convinzioni determinano i risultati che si possono conseguire.
2. è fatica: richiede impegno, grinta ed esercizio volontario. Dalle ricerche sullo sport agli studi nei college, all’esercito militare americano emerge che il migliore indicatore di successo – anziché il quoziente intellettivo punteggi elevati in test standardizzati- è la grinta definita come “perseveranza e passione per obiettivi di lungo termine” . In ogni campo la grinta è essenziale tanto quanto il talento per raggiungere gli obiettivi. Citando Carol Dweck “l’impegno è una delle cose che da senso alla vita. Impegno significa dare importanza a qualcosa. Se le persone sono consapevoli di ciò che fa loro provare lo stato di flusso avranno un’idea più chiara di ciò a cui dovranno dedicare tempo e impegno per ottenere la padronanza e questo può aiutare le persone nei momenti difficili.
3. è come un asintoto (ovvero una linea retta a cui una curva si avvicina senza mai raggiungerla). Nello stesso modo la padronanza è impossibile da realizzare pienamente. Al massimo ci si può avvicinare, si può mirare ad essa. L’asintoto della padronanza è fonte di frustrazione ma anche di fascinazione. Il piacere che ne deriva è più nella ricerca che nel conseguimento. In sostanza la padronanza ci attrae proprio perché ci sfugge.
Analogia della Padronanza di Pink e lo sviluppo delle Potenzialità del Coaching
Uno dei pilastri del metodo del coaching è lo sviluppo del potenziale: affinché il coachee esperisca un senso di padronanza, di benessere e di efficacia rispetto al raggiungimento degli obiettivi è necessario passare attraverso la valorizzazione delle potenzialità e dell’unicità del coachee.
L’ottimizzazione di tali potenzialità passa attraverso una fase di allenamento ed esercitazione che deve richiamare efficacemente le potenzialità del cliente, in linea con le sue virtù fisiche e mentali tali da renderlo consapevole del potenziale che dispone e voglioso di utilizzarlo fino in fono. L’obiettivo è dunque quello di organizzare degli esercizi gratificanti per il coachee; in caso contrario perderebbero la loro funzione principale di carburante motivazionale. Per questo motivo un occhio di particolare riguardo va assegnato a quelle competenze “calde”, definite così poiché legate alle potenzialità caratterizzanti dell’individuo, tanto da essere fonte di autorealizzazione e capaci di condurre a livelli di eccellenza prestazionale proprio grazie alla forza generata dalla motivazione intrinseca.
L’allenamento, l’impiego costante delle proprie potenzialità e delle competenze calde attraverso l’esercizio intenzionale fornisce al coachee il carburante necessario per affrontare questo processo con le massime risorse funzionali e emotive.
Se c’è un allenamento costante delle potenzialità caratterizzanti si creano le condizioni favorevoli per uno sviluppo del talento, in cui l’individuo percepisce una condizione di potere, di possibilità di agire volontariamente andando ad incidere positivamente sulla propria autorealizzazione.
L’analogia del percorso di coaching con la teoria della motivazione è dunque evidente dal momento che nel percorso le potenzialità individuate, valorizzate, allenate ed utilizzate permettono di migliorare le prestazioni personali attraverso l’incremento delle capacità e delle competenze del coachee il quale viene stimolato dalla propria motivazione intrinseca.
Lo Scopo secondo Pink
Secondo Pink la scienza dimostra che il segreto di un’alta performance non è la nostra motivazione biologica o la motivazione a cercare le ricompense ed evitare le punizioni, ma una terza motivazione: il nostro innato desiderio a determinare le nostre vite, estendere ed ampliare le nostre capacità e a vivere una vita con uno scopo.
Gli esseri umani per loro natura cercano uno scopo, una causa più grande e più duratura di se stessi; gli esseri umani non sono fatti per essere passivi o acquiescenti ma per essere attivi e coinvolti. E risaputo che le esperienze più ricche della nostra vita non provengono dal cercare il riconoscimento degli altri ma dall’ascoltare la nostra stessa voce, che ci dice di fare qualcosa di importante, e al servizio di una causa più grande di noi.
Analogia dello Scopo di Pink con l’Eudaimonia del Coaching
Il coaching non è solo un metodo per il raggiungimento degli obiettivi, è un percorso articolato che permette al coachee di sviluppare una consapevolezza delle potenzialità personali che possono essere trasformate anche in competenze, non solo per gli obiettivi autodeterminati, ma in generale in tutti gli ambiti della vita.
L’esperienza (positiva o negativa che sia) del coachee, a valle di un percorso di conoscenza di se, di acquisizione di una maggiore consapevolezza sulle proprie potenzialità, e delle azioni intraprese permette al coachee di guardare a sé con una rinnovata visione, andando a confermare e/o modificare alcuni pensieri/convinzioni/abilità/competenze personali; tutto questo rappresenta un prezioso bagaglio utile in vista delle prossime sfide ed obiettivi personali.
Come ricorda anche Carl Rogers il coaching aiuta l’individuo nell’affrontare sia il problema attuale che quelli successivi in maniera più integrata, ovvero con maggior autonomia, responsabilità e consapevolezza.
Tale percorso di crescita non permette solo di accrescere il bagaglio cognitivo della persona, non va trascurato infatti che questo percorso porta con sé il fatto di prendersi cura della propria felicità dato che l’espressione in azione delle proprie potenzialità e il miglioramento concreto incide sul benessere complessivo della persona.
Martin Seligman, il padre fondatore della psicologia positiva ed ispiratore del coaching descrive due diversi tipi di vita felice oltre alla felicità derivante dalle emozioni positive. Secondo Seligman la felicità derivante dalle esperienze ottimali e quella piena di significato (meaningful life) presuppongono che siamo felici quando riusciamo a dare senso alla nostra vita perché le nostre qualità personali vengono messe a disposizione di qualcosa (un progetto di vita) o di qualcuno (altro da sé).
“All’interno della domanda di coaching, nel futuro desiderato del coachee, si cela la sua personale ricerca di felicità che va al di là del raggiungimento fine a se stesso di un obiettivo predefinito. Il futuro desiderato del coachee, che non rappresenta una semplice negazione della crisi di autogoverno, è rivolto più ampiamente al benessere complessivo del soggetto ed alla sua felicità: ecco perché un intervento di coaching, inteso anche come un percorso motivazionale, ha a che fare con la felicità dell’individuo.” (Incoaching)
Concludendo, si è cercato di delineare come alcuni passaggi del processo di coaching possono esercitare per il coachee una importante spinta motivazionale dal momento che lungo il proprio percorso di sviluppo, il coachee ha l’opportunità di acquisire un forte senso di Autonomia, Padronanza e Scopo nella ricerca dei propri obiettivi di miglioramento/cambiamento.
Jacopo Pezzetta
Consulente di Direzione e Business Coach
Buja (Udine)
jacopo.pezzetta@gmail.com
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Manager_2022
5 Settembre 2022at13:25Daniel Pink rovescia questi presupposti. Per Pink – e per tutto il filone di studiosi da lui ripresi – l’essere umano e naturalmente curioso e interessato, ha fame di apprendimento ed e felice se puo mettersi alla prova in attivita sfidanti .