
Il Coaching come metodo per contrastare la procrastinazione
La procrastinazione è come una carta di credito: ti ci puoi divertire come un matto finché non ti arriva il conto. (Christopher Parker)
Procrastinare deriva dal latino procrastinare, composto da “pro” (avanti) e “crastinare” da crastinus, aggettivo di cras (domani). Per il dizionario Treccani procrastinare significa differire, rinviare da un giorno a un altro, dall’oggi al domani, allo scopo di guadagnare tempo o addirittura con l’intenzione di non fare quello che si dovrebbe.
Vi siete mai trovati a rinviare a domani qualcosa che avevate pianificato di fare oggi? Sicuramente sì.
Ma perché rimandiamo le cose?
Steven Pressfield, nel famoso “The War of Art”, parla di resistenze. “Resistance is experienced as fear; the degree of fear equates to the strength of Resistance. Therefore, the more fear we feel about a specific enterprise, the more certain we can be that that enterprise is important to us and to the growth of our soul. That’s why we feel so much resistance. If it meant nothing to us, there’d be no Resistance.”
E quali sono le cause?
Cosa ci spinge a “sabotarci”, se davvero è tanto importante per noi il raggiungimento di uno specifico obiettivo? Owen Fitzpatrick, psicologo ed esperto di PNL, identifica 3 principali cause, che lui chiama le 3F:
- Fear
- Focus
- Feeling
FEAR. La prima causa è la paura: di fallire, dell’imbarazzo, del successo (già, succede anche questo), del cambiamento, di sentirsi sommerso dalle cose da fare, di essere imperfetto, di sbagliare, del rifiuto. Meccanismi di difesa che ci vogliono preservare dalle conseguenze, sia quelle inattese ma anche attese, che derivano attivando l’azione.
FOCUS. La seconda causa è la mancanza di focus, dettata da un deficit nel riuscire a determinare le proprie priorità. Potrebbe risultare utile al Coach invitare il Coachee all’utilizzo della matrice di Eisenhower.

Siamo tempestati da continue richieste di un mondo globalizzato che si muove sempre più velocemente, richiedendo tempi di risposta nel minor tempo possibile. Parimenti, siamo bombardati da una serie di stimoli esterni che cercano di catturare la nostra attenzione e ciò avviene di continuo attraverso media, social media, marketing e pubblicità.
FEELING. Un’ultima causa sono le barriere emozionali legate all’azione da prendere. Mancanza di motivazione, pigrizia, desiderio di stare nella propria comfort zone, una pressione paralizzante, l’ansia di cominciare, scarsa fiducia nelle proprie capacità, necessità di evitare dolore e desiderio di provare piacere a breve termine.
Cosa fare quindi?
Napoleon Hill, scrittore statunitense, ormai nel secolo scorso creò un modello di piano d’azione con cui sconfiggere la procrastinazione
1.Fare ogni giorno qualche azione definita che deve essere fatta senza che nessuno ci dica di farlo
2.Fare qualcosa ogni giorno che sia d’utilità per gli altri e senza prospettiva di pagamento
3.Comunicare almeno una volta al giorno ad un’altra persona l’utilità di fare qualcosa senza che ci venga detto
Ossia allenarsi all’azione così come si allenano i muscoli del proprio corpo in palestra.
In epoca più moderna, è lo stesso Fitzpatrick a darci alcune indicazioni, che userò come base su cui partire in ottica di lavoro di Coaching.
1.Attivare una motivazione di successo.
Il procrastinare dà benefici di corto periodo, allontanando lo stress della scelta o di attivazione di un piano d’azione. Pensiamo per esempio a chi, invece di studiare o mettere a posto casa, trascorre le ore sui social media o giochi online. Non fa altro che alimentare il proprio fabbisogno di dopaminaattraverso un sistema di rinforzo intermittente positivo, per dirla alla Tristan Harris. Per la stessa ragione, ma con effetto opposto, sono raccomandate le cosiddette “to do list”. Non già per ricordarci le cose da fare, ma per il senso di gratificazione nello spuntare le attività smarcate.
La motivazione, in genere, non può sostenersi solo sui benefici che si possono ottenere al raggiungimento dell’obiettivo. In certi casi è utile considerare anche le conseguenze negative in caso di mancato raggiungimento.
Risulterà fondamentale, in fase di esplorazione, identificare con il Coachee qual è la sua più profonda motivazione, cosa lo spinge a voler raggiungere quell’obiettivo, perché e quanto fortemente è disposto ad impegnarsi per questo. Portando il Coachee non solo a visualizzare il futuro desiderato, ma anche a “sentirlo” con gli altri sensi. Esplorare le sue “competenze calde” (teoria della ghianda, di James Hillman), indagare se l’obiettivo da raggiungere è allineato alle potenzialità caratterizzanti del Coachee. Capire insieme a lui, attraverso la tabella di Csikszentmihalyi, dove si pone l’obiettivo rispetto al suo “flow”, autodeterminando il suo livello di capacità ed il livello di sfida richiesto.

Possono essere utili con il Coachee esercizi di visualizzazione, sia nell’ipotesi di raggiungimento dell’obiettivo (futuro desiderato) che del suo mancato raggiungimento (worse scenario, che potrebbe essere l’estremizzazione del presente percepito).
1.Procrastination paradox
Secondo Fitzpatrick, la procrastinazione è di per sé una decisione: quella di non fare (o di fare altro). Mi piace questa impostazione perché questo pensiero laterale rende più responsabili da un lato ma anche più forti: se abbiamo deciso di procrastinare, allo stesso modo possiamo decidere di NON procrastinare. Procrastinare non significa mantenere un ipotetico status quo: questo è un inganno della mente e potrebbe essere una convinzione del nostro Coachee. Anche la non azione prevede delle conseguenze. Visualizzarle lo aiuterà a sentire ancora più forte il bisogno di cambiare tipo di azione, per poter arrivare al futuro desiderato. Potrebbe risultare utile l’esercizio della finestra creativa, con cui focalizzare, attraverso il disegno, il principale ostacolo all’attivazione del piano d’azione.
Una convinzione limitante che immobilizza il nostro Coachee potrebbe esser quella di pensare che tutte le fasi del processo per raggiungere l’obiettivo debbano essere gratificanti e che pertanto, senza un’immediata soddisfazione, viene meno l’assunzione del “rischio” di provarci. La zona di apprendimento non è per sua natura piacevole. Ci possono essere fasi necessarie per raggiungere l’obiettivo che per loro natura non danno alcuna gratificazione o che per lo meno può non essere percepita come tale dal Coachee. Va benissimo così: passare all’accettazione come parte del processo faciliterà la loro messa in azione. Sarà più importante la coerenza dell’obiettivo con le motivazioni profonde viste al punto precedente.
Addirittura, c’è chi ha estremizzato il concetto del passare all’azione sempre e comunque. Mel Robbins l’ha teorizzato con il bestseller “La regola dei 5 secondi”. Conta fino a 5 e fallo! (https://www.melrobbins.com/5secondrule).
2.Organizzare l’ambiente
Controllare l’ambiente in cui si opera, organizzandolo in modo che sia produttivo, riducendo le fonti di distrazione e disturbo. Un Coach può non avere accesso a queste informazioni, ma può comunque verificare che non vengano menzionate dal Coachee tra gli ostacoli per l’attuazione del piano d’azione.
3.Lavorare per deadline con segmentazione dell’obiettivo
Suddividere i grandi obiettivi in segmenti ancora più piccoli. A tal proposito si può citare la teoria del 2 minutes rule di David Allen. Se devi fare qualcosa per te impegnativo, fallo per almeno due minuti, senza interruzioni. Se ci riuscirai saprai che potrai estendere questo tempo sempre più in là. L’importante è partire, in questo caso agevolati da una easy entry.
Assicurarsi che il Coachee crei un piano di azione con dettagliate deadline, in modo da poter pianificare le azioni necessarie e creare il giusto senso di urgenza. Considerare, insieme al Coachee, anche le conseguenze in caso di mancata deadline. Questo servirà a rafforzare la motivazione lungo il cammino.
4.Definire scrupolosamente l’obiettivo, il metodo ed il piano d’azione
Definire attentamente e scrupolosamente non solo l’obiettivo, che deve possedere le caratteristiche SMARTER (specifico, misurabile, attuabile, rilevante, temporale, ecologico, registrato). Ma anche il metodo e le azioni per raggiungerlo. Un piano d’azione troppo astratto o poco definito rende la possibilità di perdere il focus molto più alta di fronte alle prime avversità. Una matrice RACI potrebbe aiutare il Coachee nell’organizzare al meglio un piano d’azione laddove siano coinvolti diversi attori.
5.Condivisione
Condividere il proprio progetto e le tempistiche con qualcuno (il Coach) responsabilizzerà ulteriormente il Coachee e lo invoglierà a condividere i progressi ed a ricevere l’eventuale e conseguente gratificazione.
6.Cura di sé
Ultimo ma non meno importante: la cura di sè. Tra i fattori ostacolanti, non andranno sottovalutate la cura del sonno, una dieta sana, l’esercizio ed il giusto svago, socializzare. Esercizi di mindfulness e meditazione certamente possono aiutare il Coachee a ri-centrarsi. Il Coach potrebbe proporre al Coachee l’esercizio della Ruota dell’autodeterminazione per valutare il livello di soddisfazione delle sue 3 aree di Self determination theory (SDT), ossia relazionalità, competenza ed autonomia.

Una non cura di questi aspetti potrebbe enfatizzare la ricerca di piaceri effimeri e di breve durata, che distolgono dal focus.
Vorrei concludere con due dei consigli che Phil Maxwell ci dà nel suo saggio “Smetti di rimandare”.
- Distanziati dal comportamento. Non sei il tuo comportamento. Non sei un procrastinatore soltanto perché procrastini. Ma lo diventi se pensi di esserlo. Ripeti a te stesso a voce alta che sei una persona che sa passare all’azione. Rinforza la nuova credenza rafforzante con le tue azioni.
- Cambia la tua percezione. Quando cambi il modo in cui guardi le cose, le cose cambiano. Solo noi diamo il significato alle cose che ci capitano o agli oggetti e persone che ci circondano. La procrastinazione ti fa pensare che agire sarà doloroso. Cambia questa percezione. Chiedi a te stesso cos’altro può significare. Invece di dirti: devo farlo, comincia a dire: scelgo di farlo.
Non aspettare che le condizioni siano perfette per iniziare. È l’inizio a rendere perfette le condizioni. (Alan Cohen)
Carlo Colombo
Mindset Coach Professionista specializzato in crescita personale e di Team
Encinitas (CA) – USA
carlocolomboemail@gmail.com
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