
Che cos’è l’auto-determinazione?
“Mare Magnum”
Non esistono formule vincenti convenzionate: parlare di AUTO conduce ad intraprendere un viaggio esplorativo nel tentativo di definire, senza pretese di esaustività, l’architettura dei pilastri che ne compongono la cornice teorica, data l’ampiezza dell’oceano di studio che ancora oggi rimane in parte inesplorato.
Per cominciare: Siamo uguali nella tendenza alla realizzazione di noi stessi e nella tensione allo sviluppo della nostra personalità; al contempo ci differenziamo gli uni dagli altri in funzione del modo in cui organizziamo diversamente lo stato dei nostri bisogni personali, dei nostri processi decisionali e la maniera di attuare le nostre azioni. La nostra diversità di vita si prefigura quindi a partire dal modo in cui inseguiamo il senso, il significato e lo scopo del nostro vivere.
A partire da qui l’auto-determinazione non si qualifica come una dotazione statica, per contrario costituisce una fondamentale risorsa capace di condurre ogni essere vivente verso la rinascita continua di sé, in ordine alla configurazione che ognuno sceglie di attribuire a sé stesso nel mondo e ai propri propositi di vita. In quanto risorsa la self-determination è sempre allenabile ed estendibile. Si struttura dunque come un percorso costante di ri-centramento soggettivo che conduce l’individuo a posizionarsi proprio al centro della propria esistenza.
L’auto-determinazione ci richiama tutti a una presa di coscienza: quanto siamo co-creatori della nostra realtà? Ne siamo artefici attivi o passivi?
E ancora: cosa ci impedisce di orientare consapevolmente la nostra crescita personale?
Alla fonte delle parole
I più autorevoli in materia così introducono la self-determination: “le persone sono organismi attivi, con evolute tendenze allo sviluppo, al padroneggiare sfide ambientali, all’integrazione di nuove esperienze in un senso coerente di sé. Queste naturali tendenze evolutive, tuttavia, non funzionano automaticamente, ma richiedono invece continui nutrimenti e supporti”.
Sappiamo che in ogni essere umano alberga la potenzialità del prendersi cura di sé; la cosa comporta una tendenza innata all’autorealizzazione e un’attitudine pratica, proscritta da due fattori esistenziali:
1) La tendenza allo sviluppo ovvero alla crescita personale;
2) La proattività intesa come la capacità di farsi protagonista e costruttore del proprio mondo.
L’ autodeterminazione espone quindi il soggetto a progettare sé stesso in funzione dei diversi gradi di:
- Autonomia (autonomy) che attiene all’esercizio della volontà e lo spirito di iniziativa. La stessa presuppone senso di integrità e coscienza di sé.
- Competenza (competence) che attiene al voler essere efficaci nell’azione e nel raggiungimento dei propri obiettivi. Nel bisogno di competenza sono inoltre contemplati la conoscenza, il sapere, la sperimentazione, il sentirsi capaci e abili, nutrire un senso di adeguatezza e autoefficacia.
- Relazionalità (relatedness) connessa al bisogno degli individui di costruire relazioni sociali e legami interpersonali.
- Vulnerabilità (vulnerality) posto che le fragilità umane trovano il loro contrappunto nei punti di forza e nei tratti potenziali.
- Aspettative (expectation) che pongono il soggetto nella prefigurazione del proprio futuro, dei propri risultati e dei propri obiettivi.
La mappa della autodeterminazione
Come una matrioska, nel tentativo di prefigurare ordinatamente l’autodeterminazione, sono qui indicati alcuni paradigmi che la qualificano e la declinano all’interno di geografia di elementi costitutivi:
- Attenzione vs disorientamento: l’attenzione è capacità di focalizzazione; dà luogo più precisamente a una sistemica concentrazione su di sé, sugli altri, sul contesto circostante. In quanto tale spinge il soggetto a leggere e a decifrare più efficientemente il mondo che lo circonda e il suo ruolo/posizione in esso. L’attenzione presuppone accuratezza e con essa una autodisciplina che induce i soggetti a cogliere di sé stessi l’insieme e la parte, per poi condursi verso la capacità di “saper fare sé stessi”.
- Essere vs essere eterodiretto: Anzitutto la self -determination significa esserci, essere presenti a sé in modo attivo e proattivo, guidare le proprie scelte a fronte di un processo di autoriflessione e di conquista della consapevolezza stabile e aperta. Il mondo, come afferma Goleman, può quindi essere conquistato con equanimità, cioè senza lasciarsi prendere dal giudizio e dall’impulso a reagire e quindi ordinando il proprio passo all’azione cosciente.
- Azione vs inazione o sottomissione: ogni individuo, all’interno del proprio percorso di sviluppo è responsabile circa la propria libertà positiva poiché il modo in cui la mette in movimento e la concretizza definisce la sua stessa misura di azione, di omissione di passo o sottomissione alle circostanze esterne.
- Forza prospettica vs dissipazione: forza ed energia positiva, ordinata soprattutto alla chiave interpretativa di un ottimismo realistico, evita al soggetto di divenire un dissipato ovvero colui che per gli antichi è latente di parola e di azione profittevole, auto-privato della gioia e del desiderio, rassegnato e inespresso. Il tutto porta il soggetto a confrontarsi con la propria motivazione intrinseca o con la propria demotivazione.
- Bisogni vs emozioni: Per la filosofa Simone Weil “il pensiero umano si nutre di gioia la cui mancanza spegne l’intelligenza, il coraggio, la generosità”. Tra i flussi di consapevolezza dei propri bisogni le emozioni influenzano necessariamente le motivazioni e le azioni. Saperle gestire richiama del soggetto la sua capacità di auto-controllo e auto-governo di sé.
- Stabilità vs fragilità: la prima forma di fragilità che incontra un soggetto nel processo di autodeterminazione del proprio avvenire è legato anzitutto alla imprevedibilità dell’esito e alla mancanza di limite. Il soggetto è chiamato ad una resilienza che lo conduce oltre l’ostacolo o ad attraversare quegli elementi perturbatori che rischiano di sabotare la sua volontà. Sono tali, per esempio, distrazione, frustrazione, affaticamento, paura, forme pensiero, credenze.
In quest’ ottica noi della Scuola INCOACHING rivolgiamo un augurio a tutti i futuri Coach, mutuando le parole della filosofa e teologa Guanzini: “che si colmi la distanza tra ciò che senti e ciò che fai, ciò che attendi e ciò che indaghi, fra ciò che ancora non sai”.
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In esclusiva per INCOACHING®, testo di Simona Rebecchi – Coach professionista diplomata INCOACHING®
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