Categoria: I possibili contributi di Carl Rogers e Alexander Lowen nella relazione e nei processi di coaching.

Categoria: I possibili contributi di Carl Rogers e Alexander Lowen nella relazione e nei processi di coaching.

I possibili contributi di Carl Rogers e Alexander Lowen nella relazione e nei processi di coaching.

Introduzione

La moltitudine ed l’eterogeneità di teorie psicologiche, sociali, del lavoro, dello sport utili al coach è notevole. Il processo di coaching, per essere efficace, necessita di una molteplicità di contributi teorici, di metodo, applicativi, diversificata ed applicabile nelle fasi di sviluppo del processo stesso. La padronanza di applicare questo ventaglio di opportunità, da selezionare opportunamente e “giocare” durante le sessioni è uno dei fattori distintivi e caratterizzanti del coach.

Preso atto dell’esigenza di brevità di questo scritto ho deciso di offrire un contributo delimitato all’area della relazione di coaching, area che permea e permette lo sviluppo dell’intero processo di coaching.

Due sono gli autori trattati in questo scritto: Carl Rogers e Alexander Lowen. Entrambi si sono occupati di psicoterapia, quindi i loro contributi riguardano anche la storia passata del cliente che nel coaching non è oggetto di lavoro, ma entrambi pongono l’attenzione sul “qui e ora” e in qualche modo anche sul  futuro desiderato e sulla cura di sé, tutti aspetti che riguardano il coaching. Mentre per il primo sono certo che il percorso porterà ad un contributo utile al coach, per Lowen il percorso è più insidioso, anche se analizzato con prudenza (un po’ di timore spesso ci salva), ma potrebbe risultare più potente e ricco. Comunque da “maneggiare con cura”.

 

Carl Rogers

È uno dei padri della “psicologia umanistica”, termine coniato insieme ad Abraham Maslow nel 1962. Essi individuarono nel bisogno di crescita e di affermazione le principali spinte di ogni comportamento umano e nel senso di autostima il presupposto fondamentale dell’equilibrio personale.

Secondo Rogers, se vi è corrispondenza tra gli attributi che il soggetto crede di possedere e quelli che effettivamente possiede per attuare le proprie potenzialità, egli potrà svilupparsi in modo unitario, autonomo e soddisfacente.

Riferendomi alla teoria di Rogers che rimando alla bibliografia, vorrei riprendere e utilizzare alcuni spunti che sono utili al coaching.

 

Cosa deve sapere e tener presente il coach.

Il bisogno di crescita e affermazione è la principale spinta (motivazione) del comportamento umano; La persona già possiede le capacità per auto-comprendersi, modificare e migliorare il proprio comportamento (tendenza attualizzante). Lo sviluppo della persona è legato all’attuazione delle proprie potenzialità, che derivano dalla corrispondenza tra le capacità che la persona crede di avere e quelle che realmente possiede. Le persone si possono capire partendo dal loro mondo fenomenologico, da come percepiscono gli eventi. L’attitudine all’empatia è allenabile.

 

Il coach e il suo atteggiamento

Il coach deve mantenere una concezione positiva della persona partendo dal presupposto che ognuno abbia valore e capacità di autodeterminazione. Il ruolo del coach è di creare un clima di accettazione, empatia, responsabilizzazione, che faciliti l’auto-realizzazione del Cliente. Perché si verifichi il cambiamento nella persona vi deve essere un clima di accettazione, empatia, fiducia. Accettazione nel senso che il coach accetterà incondizionatamente il cliente, attraverso una comprensione empatica. Un bravo coach, ha la capacità di offrire una considerazione positiva incondizionata. Il coach lavora sulla consapevolezza della motivazione.

Egli utilizza un metodo “non direttivo” o “centrato sul cliente“. Non direttivo in quanto rispetta la tendenza ad autodeterminarsi del cliente limitandosi a creare le condizioni che possano facilitare la crescita. Coach e cliente sono quindi in una situazione paritaria. Il coach deve tener presente che è il cliente che deve “prendere il comando” e dirigere l’andamento della conversazione e della seduta. Il coach non deve diventare l’ennesima persona i cui desideri il cliente deve cercare di soddisfare. Il coach è centrato sul cliente e non si pone nella condizione dell’io esperto, ma sarà se stesso, trasparente ed autentico.

 

Alexander Lowen

La genesi del lavoro di questo autore risale a Wilelm Reich che introdusse nella psicoanalisi anche l’osservazione del corpo. Osservò come lavorando sulla tensione muscolare si liberava energia bloccata che chiamò energia “orgonica”. Lowen, paziente ed allievo di Reich, coniò per essa il termine di “bioenergia”. Egli fece uso di apposite posizioni di stress che potevano aiutare le tensioni (emozioni) a sciogliersi. Se cronicizzate, le paure sfociano nella simpaticotonia cronica. Quando l’individuo si trova in questo stato, soffoca le emozioni collegate al piacere con il conseguente insorgere di rimozioni, blocchi, spasmi muscolari che costituiscono la cosiddetta “corazza”. Lowen poté quindi osservare come i blocchi muscolari impedivano il libero scorrere dell’energia. E’ di grande importanza la sua osservazione: una persona il cui flusso energetico è bloccato, ha perso una parte della sua vitalità e della sua personalità.

Il brevissimo cenno all’analisi bioenergetica sopra esposto potrebbe probabilmente fornire alcuni stimoli e indicazioni per il coaching. Qualche coach (troppo) coraggioso potrebbe proporre esercizi fisici derivanti da questa teoria al fine di aumentare la consapevolezza nel coachee, ma il rischio che la relazione di coach si trasformi in altri tipi di relazione è molto presente. Visto che già alcuni coach applicano ad esempio il “tai chi”, lo “yoga”  con successo, non escludo che un approfondimento possa rivelare la possibilità di utilizzo di questa tecnica in alcune fasi del processo di coaching. Più interessante per il coaching è la lettura di questi blocchi sul corpo (lettura della corazza caratteriale).

Pertanto mi soffermo sui caratteri.

Lowen elaborò una tipologia formata da cinque caratteri basilari ciascuno dei quali si forma in seguito alla negazione di un diritto fondamentale negato alla persona in tenera età: schizoide, orale, psicopatico, masochista, rigido. Ognuno di questi tipi è caratterizzato da un atteggiamento del corpo di natura difensiva. Atteggiamento visibile da parte di chi osserva, quindi una buona chiave di lettura del possibile comportamento conseguente al carattere. Da questa lettura il coach potrebbe trarre utili indicazioni sia sul qui e ora, sia sul possibile evolversi della relazione di coaching, sia della modalità di perseguire i propri obiettivi, essendo il comportamento di ogni individuo segnato in vari modi e con diverse intensità dalla tipologia caratteriale. Rispetto alla psicoterapia, che lavora principalmente nella rimozione dei blocchi dando senso all’essere e concentrandosi su questo, credo che nella relazione di coaching il focus vada sull’influenza dei blocchi rispetto alla possibilità di fare, quindi di raggiungere i propri obiettivi “nonostante o grazie” al carattere. Evidenzio che: a. i cinque caratteri non sono puri in ogni persona. In genere ognuno di noi ne ha almeno un paio, presenti con diversa intensità. B.Il carattere non è patologia, ma semplicemente caratteristica della persona più o meno evidente, o  influente sul comportamento anche in base all’influenza delle esperienze di vita vissute in età adulta.

 

I diritti di espressione

Alla nascita l’individuo inizia a gettare le basi della propria autodeterminazione con la dichiarazione del proprio diritto di esistere. Poi, come nel meccanismo della scala dei bisogni di Maslow, seguono il diritto di soddisfare ulteriori vitali bisogni: di aver bisogno, di indipendenza, di esprimersi con l’amore e la sessualità. La forza di queste espressioni originali è differente a seconda di come tali bisogni sono stati riconosciuti in principio. Se il diritto di … è stato negato, l’individuo durante la vita è spinto a lottare per affermare questo diritto e tutti gli altri bisogni sono messi da parte o utilizzati per colmare il vuoto lasciato da tale mancanza. Quando la frustrazione continua, l’individuo trova l’unico modo di sopravvivere mediante l’inibizione degli impulsi che hanno causato la reazione negativa dell’ambiente. L’inibizione è strutturata nell’organismo in una contrazione muscolare che nega gli impulsi originali. Quindi l’IO, mediante la contrazione muscolare volontaria inibisce gli impulsi originali (si identifica con le proibizioni genitoriali e/o dell’ambiente) permettendo la sopravvivenza al prezzo della perdita di spontaneità e vivacità. Questo modello di sopravvivenza diventa un ideale dell’ IO e fa parte di un atteggiamento caratteriale che viene minacciato dalla vivacità del corpo. L’illusione di sicurezza viene mantenuta attraverso il controllo dell’ IO (e della muscolatura). La lettura delle tensioni muscolari che tendono a strutturarsi nel corpo permette di leggere la struttura caratteriale. Lettura, ricordo, con taglio fenomenologico, non interpretativo o storico.

Conscio che la riduzione in schemi di una teoria così strutturata e ampia, pur permettendo un utilizzo pratico di lettura, opera una semplificazione che potrebbe risultare semplicistica e portare quindi a perdere troppe informazioni importanti per una lettura dell’uomo e della sua complessità, tento comunque di strutturare in una tabella ciò che potrebbe essere utile al coach. (Nella tabella sono state esclusi alcuni tratti fisici non rilevanti per il coach).

 

STRUTTURA CARATTERE TRATTI PSICHICI DIRITTO NEGATO TRATTI FISICI MODALITÀ DI COMPORTAMENTO
Schizoide Paura del contatto fisico. Rabbia per essere stato costretto a negare il diritto di esistere.(Io sono la mia mente). (Do agli altri quello che non assumo per me, di cui ho bisogno). Diritto di esistere. Giunture rigide;  paura di cadere in pezzi: muscolatura più profonda contratta (si tiene dentro).Si tiene su con spalle, collo, petto. Gambe contratte che sembrano non sostenere la parte alta del corpo rigonfia.Occhi guardinghi. Energia ridotta che va sulla testa: poco senso di realtà (piedi per terra). Vita interiore attiva che talvolta si espande con grandiosità (vita intellettualizzata): visionario, mistico, ascetico, si sente speciale, (orgasmo nella mente). Spesso creativo e di talento, speciale e unico.Buon esecutore, ha senso immediato di “cosa fare per …”. Bravo in tanti settori, senza padroneggiarne uno in particolare.
Orale Paura del contatto; paura di essere abbandonato anche se c’è chi lo ama profondamente.(Io non ho bisogno di te). Diritto di avere bisogno. Blocco del protendersi (non protenderti perché sarai abbandonato).Si aggrappa, se respintodà quello che gli manca. Prostrato. Sembra aggrapparsi per non cadere indietro.

 

Cerca qualcuno che si prenda cura di lui, quando lo trova si blocca. Va verso la gente  e sembra pieno di amore. Desiderio trattenuto che si percepisce dagli occhi. E’ morbido e dolce amorevole e generoso (per attrarre), ma ha poca energia in questo.
Psicopatico Tendente ad azioni manipolative.Bloccato per paura di perdere il controllo e sentirsi vulnerabile, senza appoggio.(Io ho bisogno del tuo aiuto e del tuo sostegno). Diritto di essere se stesso. Si deve “tener su”; energia su parte altaSpalle larghe e vita stretta.Occhi lucenti o con palpebre pesanti.

Corpo anche simile al masochista, ma collo sciolto invece che contratto.

Indurimento occhi che hanno molta energia (vede il mondo con sospetto).Attenzione a non fargli rilasciare le tensioni fisiche: potrebbe andare in psichiatria.Buon esecutore, senso immediato del cosa fare per …non è esitante. Tuttofare.
Masochista Tendenza al sacrificio;Senso di colpa se va verso indipendenza;Mondo che opprime e schiaccia.

(Sarò buono) (Posso essere intimo se non sono libero).

Diritto di essere indipendente Sembra portare un peso enorme della responsabilità: spalle incurvate, glutei tesi (come per stringere dentro).  Rivela pesantezza.Accorciarsi del collo (taurino), forte contenimento del dorso, gola serrata, faccia del “sarò buono” con occhi sofferenti. Talvolta sguardo confuso, vuoto. Se sotto stress: viso contratto e spesso emette odore acre. Impulso di negatività: schiacciare. Attenzione al risentimento.Duro lavoratore; chiede relazione difficile da sciogliere (tende a rimanere appeso alla relazione). Buon mediatore e amabile, si sacrifica.Non stabilisce facilmente ciò che vuole, è spesso confuso, vago. Serioso, lamentoso, ambivalente, arrendevole. Sospettoso e polemico. Blocco autoespressione e indipendenza vissute come minacciose.

Probabile rapporto col cibo problematico.

 

Rigido Difficoltà ad amare e a farsi amare.(Ho bisogno di te. Ho il diritto di amare “sessualmente”). Bisogno di essere amato. Aspetto duro, riserbo, determinato nella mandibola, triste negli occhi, corpo simmetrico e uniforme. Schiena dritta.Irrigidimento verso avanti e dietro. Tiene indietro (gli impulsi di amare – sessuali). Attraente. Tensione nei lombi come masochista. Funziona bene nel mondo, Sa giocare e lavorare, successo negli affari. Costanti nelle amicizie e impegni. Poco capaci di innamorarsi.

 

Utilizzo

A questo punto come può utilizzare il coach questa tabella? Oltre a pensare: “Oddio, ma io corrispondo a quale di questi caratteri? Ma sono proprio così? Oltre a leggere velocemente i paragrafi precedenti, i tratti psichici e il diritto negato, perché in questa sede servono solo per dare senso e spiegare le basi teoriche, potrebbe utilizzare le ultime due colonne: tratti fisici e modalità di comportamento.

Nella mia pratica professionale di formatore e di consulente, utilizzo da anni questa chiave di lettura che permette di muovermi con maggior efficacia, evitare alcuni pericoli, prevedere alcuni comportamenti, ottenere risultati nei tempi dovuti.

Da un lato è vero che il coach non deve “farsi un film” rispetto alla richiesta del cliente o al cliente stesso, non deve interpretare, non deve portare a …, ma è vero che in particolare nella sessione zero, e poi dopo, durante le sessioni in cui si lavora sul piano d’azione o nel monitoraggio, sapere preventivamente che il cliente potrebbe mettere in atto alcuni comportamenti tipici di uno o più caratteristiche caratteriali (leggibili dall’osservazione corporea) è di grande aiuto.

 

Due esempi, non solo tratti dalla fantasia, ma dalla pratica quotidiana.

  • Dalla tabella, magari con un po’ di esperienza e prudenza, vediamo che la persona che abbiamo di fronte ha caratteristiche del carattere masochista, quindi probabilmente ottimo lavoratore, buon mediatore, disposto al sacrificio, spesso vago e poco chiaro. Conseguentemente il coach dovrà porre attenzione alle domande che mirano al far chiarezza, al verificare la definizione degli obiettivi in tutti i punti del piano di sviluppo. Ma dovrà fare attenzione anche ai momenti di chiusura delle sessioni, alla chiusura dell’intero processo di coaching, momenti in cui il coachee potrebbe esprimere la negatività, “schiacciare” il coach e quindi svalutare quanto effettuato durante la relazione di coaching, forse con il maldestro intento di non interrompere la relazione per lui importante al di là degli obiettivi dichiarati.
  • Altro coachee, con caratteristiche dello schizoide. Quindi tutto sulla testa, magari anche sopra, nel cielo. Poco senso di realtà. Il coach dovrà lavorare con particolare attenzione nel momento della definizione dell’obiettivo e in particolare delle sue caratteristiche per poterci lavorare e poterlo realizzare e poi nel piano di azione nelle modalità di raggiungerlo. Il caocheee tenderà a spostarsi di piano continuamente, a rilanciare, a non “stare lì” dove precedentemente aveva deciso di impegnarsi. Magari faticherà a definire le risorse per quell’obiettivo che sicuramente sarà “alto”. Portarlo “a terra” richiede quindi molta attenzione e costanza da parte del coach.

 

Conclusioni

Credo che a questo punto sia proponibile un bilancio. Per quanto riguarda l’applicazione dell’atteggiamenti consigliati da Rogers nella relazione: non emergono problemi, anzi l’utilizzo di questo approccio è sicuramente utile e coerente con il coaching. Per quanto riguarda la bioenergetica di Lowen possiamo prendere solo la parte che descrive i caratteri, le caratteristiche fisiche e i comportamenti correlati e utilizzarla come traccia di possibile influenza durante il processo di coaching. Utilizzare questa opportunità con un taglio fenomenologico e non entrare in interpretazioni, in “ da dove viene” dovrebbe garantire il coach dal non entrare in ambiti non pertinenti, ma soprattutto dovrebbe aiutarlo in termini di maggior efficacia dell’intervento di coaching. L’utilizzo di metodologie, teorie, approcci, derivanti da altre discipline è una caratteristica del coaching. Tanto più il coach ha chiaro i limiti di utilizzo, le modalità e il momento di proporle al coachee, tanto più il processo è efficace. La completa padronanza di un ventaglio di strumenti credo influisca non solo sulle caratteristiche del coach, ma sull’efficacia stessa del processo di coaching.

 

 

Rudy Orzes

Sociologo, consulente e formatore, master in Outdoor Management Training®, coach professionista, attualmente responsabile Ente di Formazione.

Belluno

rudy.orzes@teletu.it

 

 

Bibliografia essenziale:

Rogers, C. R. (2000) La terapia centrata sul cliente, Firenze, Psycho

Rogers, C. R.; Kinget, G. M. (1970) Psicoterapia e relazioni umane. Teoria e pratica della terapia non direttiva, Torino, Bollati Boringhieri,

Alexander Lowen Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, Milano 1978-2003 e Il tradimento del corpo, Edizioni Mediterranee, Roma 1982

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