Categoria: AAAA… AT! Spunti su okness e relazione facilitante nel coaching

Categoria: AAAA… AT! Spunti su okness e relazione facilitante nel coaching

AAAA… AT! Spunti su okness e relazione facilitante nel coaching

Qualunque sia l’ambito di applicazione e sia che si tratti di un percorso individuale o di uno con committenza aziendale, il percorso e le sessioni di coaching sono l’espressione di una relazione tra due individui.

Il Coach e il Coachee instaurano una relazione interpersonale fin dal primo momento in cui iniziano a interagire.
La natura e la qualità di questa relazione influiscono sull’intervento di coaching, sui comportamenti durante il percorso, sulla classificazione dei contenuti comunicati durante le sessioni e, in definitiva, sulla riuscita dell’intervento di coaching.

Una relazione sana e spontanea consente un flusso di comunicazione efficace tra Coach e Coachee, riducendo lo spazio preso dall’aspetto relazionale a favore di quello della comunicazione dei contenuti, oggetto del rapporto di coaching.
La classificazione del contenuto da parte della relazione e delle sue dinamiche è un fattore di estrema importanza nel coaching.

Una relazione positiva tra Coach e Coachee, che non richiede una continua dinamica di riallineamento e definizione, porta il contenuto e il Coachee, che ne è il detentore, al centro della sessione.

Se il contenuto è asimmetricamente in carico al Coachee, e la relazione tra Coachee e Coach è simmetrica e paritaria in un’ottica di partnership, credo che sia responsabilità del Coach assicurarsi che venga stabilita e mantenuta per tutto il tempo una relazione sana con il Coachee.

Questo è il fattore fondamentale abilitante di una interazione positiva e di un efficace e proficuo lavoro sul contenuto.
Il ruolo del Coach, nel gestire la qualità della relazione, consente la centralità del contenuto del Coachee e l’espletamento della partnership alla pari tra Coach e Coachee.

Vi sono alcuni elementi chiave che consentono la creazione della relazione più efficace e più facilitante possibile tra Coach e Coachee. In particolare autenticità, accoglienza, ascolto e alleanza sono i fattori costituenti di una sana relazione tra individui.

Nel comprendere gli elementi e le sfumature di questi quattro fattori e le implicazioni per l’approccio del Coach al Coachee e a se stesso, può essere significativo un approfondimento delle basi dell’Analisi Transazionale (AT), gettate da Eric Berne negli anni Cinquanta.

Ho avuto modo di accostarmi a questa teoria psicologica nei tre anni che mi hanno portato al diploma di Counselor Professionale presso l’Istituto Berne di Milano.

Trovo ci siano molti e significativi punti di sinergia tra l’AT e il Coaching.
In particolare, direi che l’elemento della relazione, ossia la centralità di una relazione sana e facilitante tra gli individui, sia il cardine di questa sinergia.

Il Coaching così come l’AT crede e si fonda sulla fiducia nell’individuo: fiducia nel Coachee, portatore di tutte le capacità necessarie per funzionare bene nella definizione e nel raggiungimento di obiettivi autodeterminati, e fiducia nel Coach, capace di agire il proprio ruolo nell’ambito di un’alleanza simmetrica e di uno scambio facilitante dello sviluppo del potenziale del Coachee.

Durante il corso di Coaching ho trovato spunti su come molti aspetti fondanti dell’AT possano aiutare il Coach a essere più efficace: tra gli altri il Copione, le Spinte, le Emozioni Parassite, i tre Stati dell’Io.
Quello che emerge come l’aspetto più significativo dell’AT quando consideriamo il tema della relazione facilitante e della fiducia è sicuramente la teoria di Berne che definisce la posizione esistenziale di ogni individuo come l’insieme della propria visione di sé e dell’altro.

Ognuno di noi può attribuire un valore positivo a se stesso (io sono ok) e agli altri (tu sei ok) o non attribuire un valore positivo a se stesso (io non sono ok) o agli altri (tu non sei ok). In base all’incrocio della propria posizione verso se stesso e quella verso gli altri, l’individuo si può trovare in una delle quattro possibili posizioni esistenziali base identificate e descritte da Berne che possiamo indicare come: + +, – +, + – e – -.

Nella tabella qui sotto ho riassunto le quattro posizioni esistenziali e ho applicato un mio metro di giudizio in merito a come ritengo che la relazione del Coach con se stesso e con il Coachee (l’altro) possa influire sulla relazione tra i due e sull’efficacia di tale relazione nel facilitare il percorso di Coaching, lo sviluppo del potenziale del Coachee e il suo successo nel definire e raggiungere obiettivi concreti.

 

La posizione + + è la più efficace nelle relazioni interpersonali, in qualunque ambito.
Io sono ok e tu sei ok è la base naturale, sana, sostenibile nel tempo per una relazione efficace anche nel Coaching.

Il Coach valuta se stesso, si accetta, è a suo agio e si mette nelle migliori condizioni per una relazione che faciliti la messa in luce del contenuto del Coachee e l’espressione del suo potenziale, orientato all’obiettivo.

La posizione esistenziale che dà valore al Coachee, che lo accetta per come è e che lo ritiene in grado di gestire la sua crisi di autogoverno non fa altro che rafforzare questa relazione sana e facilitante e sostenere l’esito positivo del percorso di Coaching.

Il contesto che si configura nella posizione + + è quello di un ambiente in cui la positività domina la sessione e il percorso di Coaching. Coach e Coachee sono entrambi a proprio agio, si strutturano in modo Adulto per attivare le risorse disponibili e raggiungere il risultato identificato, hanno fiducia reciproca e possono agire nell’ambito di una relazione simmetrica, in cui ognuno ha la capacità di gestire il proprio ruolo.

Alla luce di questo, risulta evidente come le altre posizioni esistenziali non possano costituire terreno fertile né per una relazione facilitante, né per una relazione simmetrica e di fiducia, né per un risultato soddisfacente del percorso di Coaching.

Ritengo che le due posizioni che prevedono il ‘tu non sei ok’ (+ – e – -) rappresentino l’antitesi dell’ottimo per quanto riguarda il Coaching. Il Coach non ha stima del Coachee, non crede che sia adeguato, non lo accetta per quello che è.
In nessuno dei due scenari il Coach potrà creare l’ambiente adatto allo sviluppo delle potenzialità del Coachee: il Coach, infatti, non vede tali potenzialità, non crede che il Coachee possa giocare il suo ruolo di identificatore e attore del proprio obiettivo.

Nel caso + -, il Coach si mette in una posizione asimmetrica, non alla pari, e di superiorità rispetto al Coachee.
I ruoli non saranno né assegnati né rispettati perché il Coach non rispetta il Coachee e non gli lascerà lo spazio per esprimere il suo contenuto e per avere il ruolo primario che gli compete nella relazione sana, necessaria per un corretto funzionamento del Coaching.

La priorità sarà data alla relazione e alla sua continua ridefinizione. Il Coach tenderà a mettersi sul palco, a sopraffare il Coachee, a proporre e imporre le proprie idee e soluzioni, cercando di aiutarlo in quanto sminuisce le sue potenzialità.

Nel caso – -, la situazione sarà diversa ma altrettanto disfunzionale. Il fatto che il Coach non stimi e non valuti il Coachee e le sue potenzialità, mina tutto il contesto della sessione e del percorso: dalla relazione, ai ruoli, ai pesi tra contenuto e relazione, alla fiducia e all’alleanza. La mancata valorizzazione da parte del Coach di se stesso e del Coachee, crea uno spazio relazionale negativo.

Il Coach tenderà a sminuire ogni possibilità di creazione e realizzazione di un obiettivo da parte del Coachee e farà altrettanto con le proprie capacità di facilitare lo sviluppo del potenziale del Coachee.
Gli elementi di sfiducia, inadeguatezza, negatività e fallimento si perpetuano durante le sessioni e il percorso di Coaching e alimentano il contesto di relazione e partnership disfunzionali.

Nella posizione – +, ci sono comunque una serie di elementi non compatibili con una relazione facilitante e un efficace intervento di Coaching. Il Coach mette il Coachee al di sopra di lui e non pensa di essere adeguato al compito e alla situazione.
La relazione è asimmetrica e probabilmente il Coach non svolge appropriatamente il suo ruolo, anche se assume che il Coachee sia in grado di svolgere il proprio. La sfiducia in se stesso porta il Coach a dare consigli per camuffare la propria insicurezza e ottenere riconoscimenti, o a cercare di risultare accattivante agli occhi del Coachee e di colmare con lusinghe gli spazi che più lo fanno sentire a disagio e inadeguato.

Detto che per certo la + + è l’unica posizione esistenziale che costituisce il presupposto per una vera e sana relazione interpersonale, aggiungo una mia riflessione su come conciliare una posizione esistenziale diversa da + + con una relazione di Coaching non totalmente inefficace.

Mi chiedo cioè se un Coach che ha una posizione esistenziale diversa da + +, non possa creare una posizione relazionale + + quando si tratta della relazione di Coaching.
Secondo me questa possibilità passa attraverso un lavoro di consapevolezza del Coach.
Se il coach prende consapevolezza del fatto che svaluta se stesso o il coachee o entrambi, può implementare alcuni passi che possono migliorare la relazione di coaching e i suoi risultati. Ad esempio, può appellarsi a un senso di fiducia nel metodo e nel coachee (caso – +) per sopperire a una scarsa stima delle proprie capacità. Oppure (caso + -) può fare degli esercizi di grounding per mettersi nelle condizioni di ascoltare attivamente il coachee e dargli spazio per svolgere il suo ruolo di proprietario del contenuto e responsabile dell’obiettivo.

Il caso – – sembra quello più difficile da gestire per il Coachee. In tale posizione esistenziale credo che per un individuo sia molto difficile trovare e attivare risorse per trovare una posizione relazionale diversa da quella esistenziale. Penso sia quasi impossibile mettere le basi per un contesto di coaching con un buon livello di ascolto e valutazione.

Concludo dicendo che – da analista transazionale – io penso che io sono ok e l’altro – in questo caso un Coach – è ok. Suppongo quindi che avrà le capacità per prendere consapevolezza della propria posizione esistenziale verso di sé e verso il Coachee e di optare attivamente per una relazione di Coaching funzionale e facilitante, una relazione basata sulla fiducia reciproca, giocando il proprio ruolo in una dimensione paritaria e lasciando al Coachee il proprio ruolo e al contenuto del Coachee la centralità.

 

Stefania Cugini

Marketing Senior Director | Professional Counselor | Professional Coach
Villasanta (MB)
stefania.cugini@gmail.com

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