
Il decalogo del Coach (im)perfetto
Questo mio decalogo, si aggiunge a tutto ciò che la Norma Uni 11601:2015 stabilisce relativamente al servizio di Coaching, vuole aggiungere e non limitare, vuole guidare senza imporre. Sintetizza gli aspetti che più mi hanno colpito durante la formazione per diventare Coach e si integra con l’esperienza personale che ho vissuto come Coachee.
1 – SPERIMENTA SU DI TE
Ciò che offri agli altri sarà tanto più efficace quanto più lo avrai vissuto sulla tua pelle.
Sento fondamentale la coerenza e l’integrità di un professionista nell’offrire ai suoi clienti ciò in cui crede e che ha “toccato con mano”. Coach e Coachee sono due lati della stessa medaglia, il “buon” Coach ha bisogno di vivere personalmente la potenza trasformativa delle sessioni, questa conoscenza lo renderà ancor più abile nel condurre il suo cliente lungo il percorso verso il suo obiettivo.
Ecco perché io per prima mi sono lasciata accompagnare con fiducia dalla Coach con cui ho sviluppato un percorso durante la mia formazione: desideravo sperimentare al 100% ciò che si vive nel ruolo di cliente e quanto produttivo sia il lavoro facilitato dal Coach se il Coachee si lascia guidare.
2 – PER MOLTI MA NON PER TUTTI
Ogni essere vivente è unico ed irripetibile, per questa ragione non tutti i metodi di supporto alla crescita personale e professionale sono ugualmente efficaci per un cliente in un dato momento della sua vita.
Come capire se il Coaching è la proposta giusta per la persona che hai davanti? Dipenderà dai suoi bisogni, da ciò che sta vivendo, dal tempo e dalle energie che deciderà di investire nel suo percorso, da quanto si sente pronto ad agire in prima persona nella discrezionalità dell’essere e del fare.
Ecco, quindi, che entra in gioco la coachability: perché il Coaching non è un metodo per tutti, nel qui e ora, ed il Coach deve necessariamente sviluppare quella profonda sensibilità che gli permette di cogliere la disponibilità ad impegnarsi nella persona che ha davanti, anche attraverso la lettura dei sottili dettagli nel vasto ambito del non verbale.
Io stessa, 5 anni fa all’inizio dei miei percorsi di crescita personale, non sarei stata pronta, né come Coach né tanto meno come Coachee.
Se il Coaching è arrivato a me proprio ora, dopo anni di letture di libri, di corsi, di percorsi di mentoring e consulenze è perché sono finalmente pronta ad aprirmi al magico mondo dell’autodeterminazione!
Sì, perché per anni ho avuto un estremo e profondo bisogno di venire guidata e consigliata nella scoperta di me. Come un passerotto che attende il ritorno di mamma uccellino per ricevere il nutrimento che altrimenti sarebbe incapace di procacciarsi da solo, per tanto tempo sono rimasta nel nido con la bocca aperta e pigolante in attesa di ricevere il consiglio, la dritta, la soluzione. E attenzione, questo non vuol dire che sia stato facile, di “lavoro sporco” ne ho fatto davvero tanto per arrivare fino a qui. Avevo semplicemente bisogno che qualcuno dall’estero mi desse quella spinta che non mi reputavo, in fondo, capace di darmi da sola.
3 – CENTRATI
Per consentire al tuo cliente di focalizzarsi su se stesso, dovrai dare il buon esempio e farlo tu per primo!
Prima di una sessione spogliati di tutti i pensieri, delle emozioni, dei dubbi che interferiscono con la tua concentrazione. Trova il tuo personale modo per prendere contatto con la parte più profonda di te.
Una volta che con la modalità e i tempi tuoi propri avrai sperimentato la tua individuale condizione di centratura, vestiti di cordialità, empatia e predisposizione generosa verso l’altro, pronto a metterti al servizio del tuo cliente e ad offrirgli la miglior sessione possibile nel qui e ora.
Io, per esempio, per centrarmi chiudo gli occhi e mi concentro qualche istante sul mio respiro. Spesso in queste occasioni mi accorgo di avere un respiro “corto”, quasi la sensazione di essere in apnea per via della frenesia nel susseguirsi delle incombenze quotidiane; ma il solo fatto di portare l’attenzione al respiro, fa sì che questo diventi più lento e profondo e che anche il corpo si rilassi.
Spesso utilizzo Translational Music per accompagnarmi in questi momenti di centratura, ascoltando brani suonati a 432 Hz.
“Le note e gli armonici degli strumenti accordati a questa frequenza stimolano la sincronizzazione biemisferica del cervello, aumentando la concentrazione e stimolando la creatività. La Musica traduce vibrazioni universali che creano un benessere psico-fisico ed emozionale, favorendo l’omeostasi cellulare (con il termine “omeostasi” si indica la capacità di un organismo di autoregolarsi mantenendo costante l’ambiente interno pur nel variare delle condizioni che riguardano l’ambiente esterno), l’armonia e la salute del nostro corpo. Translational Music viene utilizzata per ridurre lo stress, per favorire il contatto con il Sé interiore. È una musica che crea pace, silenzio, rilassamento e favorisce il contatto con la nostra essenza più profonda e spirituale.” (Fonte Ph.D Emiliano Toso, Biologo Cellulare e Musicista Compositore a 432Hz. https://www.emilianotoso.com/)
Quando permetto a respiro e musica di fondersi in me, sento i benefici estendersi a tutto il mio corpo, come se ogni cellula mi ringraziasse per la migliore ossigenazione che riceve.
4 – FIDATI DI TE
Sei il miglior Coach che il tuo Coachee possa avere qui ed ora!
Fidati delle tue competenze, delle tue capacità, delle tue potenzialità, del tuo istinto.
Lascia emergere la parte più vera di te. Libera la tua creatività, in questo modo permetterai al tuo Coachee di liberare la sua.
Sii te stesso. Se ti metterai una maschera, se fingerai, se ti sforzerai di essere ciò che non sei, il tuo Coachee non potrà apprezzare la tua vera autenticità e precluderai ad entrambi una preziosa esperienza di crescita e di arricchimento.
Permettiti anche di sbagliare! Entra in sessione sapendo che ti capiterà di fare una domanda non particolarmente efficace, concediti il lusso di fare qualche errore, non cercarlo, ma se ti capiterà di commetterlo non stigmatizzarlo.
Sei un essere umano perfetto nella tua imperfezione, esattamente come il tuo Coachee.
Se avesse bisogno della perfezione si affiderebbe ad un robot, al posto di scegliere te. Abbi, quindi, un’estrema, compassionevole, amorevole e smisurata fiducia in te stesso!
5 – FIDATI DEL TUO COACHEE
Cedi il passo e lascia la scena al tuo Coachee. Non sei tu l’attore protagonista, ma lui.
Il tuo compito è far emergere e valorizzare le risorse del tuo Coachee, perché possa riconoscere la modalità più consona per lui per il raggiungimento del suo obiettivo.
Fino a che penserai di avere in testa il consiglio giusto per una rapida soluzione della sua problematica, tenderai a formulare domande indirizzanti per portare il Coachee sulla strada che tu hai individuato come quella giusta per lui.
Se invece resterai neutrale e userai domande che aiuteranno il tuo cliente ad esplorare, elaborare ed eseguire, lui stesso si sentirà il vero protagonista.
Resta nella fiducia che il tuo Coachee abbia dentro di sé tutto ciò di cui ha bisogno per raggiungere i suoi obiettivi di sessione e di percorso. Contribuirai a farlo sentire sicuro di sé.
6 – FIDATI DEL METODO CHE STAI UTILIZZANDO
Il Coaching è uno stimolatore di autonomia, è un attivatore per il tuo Coachee.
Il Coaching rappresenta un vero e proprio stimolatore di autonomia per il cliente all’interno della sessione, perché la sensazione di aver avuto personalmente una suggestione per la soluzione di un proprio problema è galvanizzante, è un moltiplicatore di autostima.
Il Coaching è, inoltre, un potente attivatore nel periodo extra sessione.
Ho sperimentato questa caratteristica in prima persona nel mio percorso da Coachee.
Perché magari, tra una sessione e l’altra, stai facendo tutt’altro nel corso della tua giornata e spontaneamente ti arrivano idee, strategie o strumenti da utilizzare per raggiungere l’obiettivo che ti sei fissato.
Quando pensi di aver bisogno che sia un “esperto” a fornirti la soluzione ad un tuo problema, ti sentirai sempre dipendente, non capace di muovere passi da solo.
Con il Coaching invece alleni davvero la tua capacità di “fare da te”. Attenzione, non intendo che gli esperti non siano utili e fondamentali in molte circostanze e nemmeno che dobbiamo diventare degli esseri asociali presuntuosamente convinti di non aver bisogno di niente e di nessuno.
Anzi. Sviluppare la nostra capacità di scovare e valorizzare ciò che di buono e funzionale è già dentro di noi ci rende ancor più sensibili a capire quali sono le situazioni in cui siamo in grado con le nostre risorse di raggiungere una meta desiderata e quando invece è più opportuno chiedere aiuto.
7 – QUANTO BASTA
Il Coaching è “a tempo determinato”.
Come Coach, lavora sessione dopo sessione con l’idea in mente di contribuire alla progressiva autonomia del tuo Coachee, consapevole che il percorso terminerà quando il cliente sentirà di aver raggiunto il suo obiettivo o comunque quando valuterà di non aver più necessità del tuo supporto.
Uno degli aspetti che mi ha maggiormente colpito del Coaching è che non è eterno, nel senso che il Coach davvero accompagna il Coachee per un periodo determinato di tempo per poi aiutarlo a spiccare il volo da sé.
Questa consapevolezza è stata per me una delle rivelazioni più potenti.
Il Coachee si allena, viene guidato e poi con lui si concorda un termine. Ci si saluta. Il Coachee diventa indipendente.
In un’economia dove la tendenza è quella ad indurre dipendenza nelle persone per aumentarne il consumo di beni e servizi, mi alleggerisce il cuore aver individuato una professione che eticamente offre un servizio QB, “quanto basta” per il Coachee, non QPR “quanto più remunera” il Coach.
8 – OSSERVA, ASCOLTA, PERCEPISCI CON ESTREMA ATTENZIONE
L’essenziale è invisibile agli occhi. (Antoine de Saint-Exupéry, «Il piccolo principe»)
Allena i tuoi sensi a non accontentarsi di ciò che ricevono come primi stimoli nella comunicazione con il tuo cliente, vai oltre, concentrati sui dettagli, sono quelli che fanno la differenza.
Presta attenzione a ciò che senti, a come viene detto, ai gesti che lo accompagnano, alle espressioni del viso, a quello che il tuo Coachee porta con tutto se stesso: con la parola, con il movimento, con le emozioni e con i suoi eloquenti silenzi.
9 – LA RELAZIONE È NULLA SENZA IL NON-GIUDIZIO
Svestiti delle tue idee, dei tuoi pregiudizi, delle tue esperienze.
È indispensabile che tra Coach e Coachee si crei una relazione di reciproca fiducia.
Ma perché il tuo cliente possa sentirsi completamente libero di esprimersi, è fondamentale che percepisca totale assenza di giudizio da parte tua.
Per far sì che dalla tua bocca non escano parole giudicanti e che il tuo viso non manifesti espressioni che lascino adito al dubbio, occorre che tu faccia accurata pulizia nella tua mente e nel tuo cuore e scalzi completamente qualunque preconcetto o opinione critica.
Attiva quello sguardo valorizzante che ogni essere umano avrebbe diritto di ricevere, ma che troppo spesso non siamo allenati a donare, perché accecati dal bisogno di giudicare, di dire la nostra, di correggere, di sostituirci.
Se lo farai, il tuo Coachee si sentirà estremamente a suo agio, lascerà fluire tutto ciò che gli arriverà durante la sessione e… succederanno magie!
10 – CELEBRA
Onora il tuo lavoro e il tempo che hai dedicato al tuo Coachee.
Dopo aver salutato il tuo Coachee prenditi un attimo di tempo per ripensare alla sessione e apprezzare ciò che hai fatto bene, appuntati in ottica di miglioramento continuo ciò che la prossima volta potresti fare in modo diverso.
Ma soprattutto, celebra l’aver accompagnato il tuo Coachee nella pienezza delle tue competenze di Coach e qualità personali.
Silvia Zanotti
Onco Coach™
Biassono (MB)
info@oncocoach.it
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