Categoria: Il COACHING come metodo bilanciato tra elementi Umanistici e Scientifici

Categoria: Il COACHING come metodo bilanciato tra elementi Umanistici e Scientifici

Il COACHING come metodo bilanciato tra elementi Umanistici e Scientifici

Introduzione

Sono il cervello sinistro. Sono scientifico. Un matematico. Amo la consuetudine. Categorizzo. Sono accurato. Lineare. Analitico. Strategico. Sono pratico. Ho sempre il controllo. Sono il padrone di parola e linguaggio. Realistico. Calcolo equazioni, coi numeri gioco. Sono ordine. Sono logica. So esattamente chi sono. [cit. Anonimo]

Ne sono esempi scienziati del calibro di Isaac Newton o Albert Einstein. Il primo padre indiscusso della fisica, il quale tramite la formulazione delle tre omonime leggi, getta le basi della fisica moderna.

A. Einstein invece, grazie alle sue rinomate intuizioni sui legami imprescindibili sullo spazio-tempo, immagina l’esistenza di una nuova branca della fisica: la fisica relativistica.

Sono il cervello destro. Sono la creatività. Uno spirito libero. Sono passione. Desiderio. Sensualità. Sono il suono ruggente di chi ride. Sono il gusto. La sensazione della sabbia sotto il piede nudo. Sono movimento. Colori brillanti. Sono la pulsione a dipingere sulla nuda tela. Sono immaginazione senza limiti. Arte. Poesia. Intuisco. Sento. Sono tutto ciò che volevo essere. [cit. Anonimo]

Esempi per antonomasia in proposito sono poeti, altisonanti e ovunque casi di studio, come Dante Alighieri e William Shakespeare. La “divina commedia” di D. Alighieri, è il caposaldo riconosciuto e consolidato della lingua italiana, ancora oggi una delle lingue più studiate ed apprezzate nel mondo. Gli scritti di W. Shakespeare, d’altro canto,si rendono iniziatori di un filone nuovo di scritti teatrali: nasce la commedia.

Altri esempi invece come Leonardo Da Vinci, SteveJobs (solo questi quelli che citerò) vengono riconosciuti comegeni e basta, geni senza categoria di appartenenza, geni senza un campo o un’area particolare.

Questi vengono costantemente usati come riferimento in più campi contemporaneamente come medicina, pittura, architettura Da Vinci e Software, Hardware, servizi al cliente Jobs. In più geni del loro calibro si distinguono ulteriormente per la capacità  di creare aree di competenza assolutamente innovative: l’ Ingegneria il primo e Modelli di Leadership il secondo.

In questa tesina, voglio trattare ed evidenziare l’equilibrio stabile e continuo tra queste due aree, umanistica e scientifica, che caratterizza il metodo del coaching.

L’equilibrio che evidenzio è anche, come nella premessa, un equilibrio mostrato in continua evoluzione nella conformazione fisica del cervello umano (chissà se causa o effetto) in emisfero destro, depositario del pensiero umanistico, ed emisfero sinistro, depositario del pensiero scientifico.

Questo equilibrio è altresì insito nella natura umana che si definisce come animale evoluto e quindi come equilibrio tra tratti animaleschi cioè istintivi (tipici  della creatività e quindi della parte cosiddetta umanistica)e tratti analitici che ne consentono l’evoluzione (come anche lalinearità, strategicità e quindi della parte cosiddetta intelligente o scientifica).

Il misto dei due approcci offre spesso la possibilità di rivoluzioni “copernicane”, ne sono esempi le personalità citate nell’introduzione. Questo a mio avviso si spiega semplicemente assumendo chela propria “cassetta degli attrezzi”, per dirla in termini scientifici, sia effettivamente più completa; o, per dirla in termini più umanistici, che la propria “tavolozza” dei colorisia più ricca.

Contenuto principale

Il coaching come miscela di strumenti “umanistici” (elaborazioni tipiche dell’emisfero destro) e strumenti “scientifici” (elaborazioni dell’emisfero sinistro), quindi come anticipato è un metodo a cavallo tra scienza ed umanesimo.

L’antitesi, almeno in apparenza, di un “metodo” in quanto tale. Metodo che, almeno nel senso comune, si definisce come un selciato da seguire.

Il Metodo delCoaching ha infatti si un selciato composto da alcune tappe fondamentali (presente percepito/futuro desiderato, potenzialità, obiettivo, piano d’azione, ostacoli, facilitatori, monitoraggi), ma è il modo “libero”di percorrere le tappe stesse (pesando cioè di volta in volta il peso da dare a ciascuna tappa) che lo rende flessibile, conferendogli quelle chiare tracce umanistiche.

Il primo compito del coach in un percorso di coaching, è quello di stabilire una relazione facilitante, per poi potere effettivamente implementare le tappe del metodo.

Anche in questo caso si rende evidente l’equilibrio continuo e stabile sul quale si muove il metodo del coaching: il contenuto del percorso di coaching non ha possibilità di poter essere affrontato, neanche con i più efficaci ed evoluti metodi scientifici se la relazione, strumento umanistico, non è facilitante e positiva:

cioè non esiste project management efficace, o piano d’azione d’alcun genere, senza relazione facilitante.

Come d’altro canto non potremmo arrivare ad alcuna autoconsapevolezza senza obiettivi chiari (SMARTER), un buon piano d’azione ed un monitoraggio continuo.

L’equilibrio tra umanistico e scientifico del coaching si evidenzia a mio avviso in modo vistoso anche nella natura e provenienza delle domande (elemento insostituibile del coaching).

Le domande devono nascere dalla “pancia”, magari durante il disorientamento del coach, il quale deve porre esclusivamente le domande che “sente” essere delle domande centrate.

Vengono quindi esclusivamente dall’intuito del coach, per poi tramite rimandi o successive domande, trovare riscontro nel coachee; ecco quindi ancora una volta come la parte umanistica del metodo (sentire le domande) si fonde con la parte più scientifica (cercare riscontro).

Che il metodo racchiuda in séstrumenti con tipici caratteri umanistici a strumenti tipicamente scientifici lo si può notare osservando anche la “mappa della sessione”[1]. All’interno della mappa la descrizione del “presente percepito”, del “futuro desiderato” ed anche degli strumenti fondamentali “Domande”, “Feed-back” ed ancor di più la “Relazione” sono chiari strumenti umanistici.

Questi strumenti nel coaching non possono comunque prescindere da altri altrettanto fondamentali ma di natura prettamente scientifica, quali la definizione di “potenzialità”, “obiettivi”, “piano d’azione”, “ostacoli”, “facilitatori”, “Monitoraggio”.

E’ utile a mio avviso circostanziare, anche se brevemente, quanto appena affermato.

In tal senso va detto che, i primi sono strumenti comunemente usati in sedute e percorsi di psicanalisi (da etimologia dal greco PSYCHE: anima / elemento umanistico + ANALYSIS: soluzione / elemento scientifico), campo più prettamente umanistico.

I secondi sono strumenti di project o time management tipicamente usati in campo scientifico e ingegneristico.

A cogliere ed esaltare la valenza dell’eterogeneità tra le due aree in questione (umanistica e scientifica), sta la considerazione, derivante da approfondimenti personali, secondo la quale l’efficacia del miglior time (e project) management è influenzata fortissimamente da elementi e valutazioni di natura psicoanalitica dedicati alla centratura della persona ed alla capacità più intima e consapevole di prendersi “cura di se”.

Solo questa consapevolezza intima (METAconsapevolezza) infatti da all’individuo,  time manager, la reale capacità di avere la corretta scala di priorità basata sulle proprie aree di potenziale o competenze; magari riuscendo, con un ulteriore salto di consapevolezza, a distinguere tra competenze calde e competenze fredde.

Riuscendo così a costruirsi degli obiettivi e piani d’azione SMARTER per definizione, perché basati su:

  • Consapevolezza: delle proprie priorità;
  • Autonomia: nel creare la lista delle priorità (allungandola o accorciandola all’uopo);
  • Responsabilità: nell’essere fedele alla propria lista di priorità.

Andando ancor più a fondo nelle considerazioni che portano alla luce l’eterogeneità del metodo del coaching, arriviamo addirittura alla definizione stessa degli obiettivi del coaching.

Tale metodo si pone infatti come obiettivi dei METAobiettivi (Consapevolezza, Autonomia, Responsabilità), che quindi diventano  i pilastri per lo sviluppo del potenziale di ogni individuo.

In sintesi, quindi, il coaching si può definire: Metodo (dal greco META dopo, oltre + HODOS cammino, strada) atto allo sviluppo della METAautoconsapevolezza (intesa come qualcosa che sta oltre la autoconsapevolezza e quindi una autoconsapevolezza profonda), acquisita la quale si è in grado di sviluppare il proprio potenziale.

Su questo elemento si innesta un altro elemento importante: il concetto di metodo “centrato sulla persona”.

Proprio il fatto che sia imperniato sulla persona stessa dà al coaching strumenti umanistici e scientifici insieme. Se così non fosse non potrebbe porsi i METAobiettivi relativi ai singoli individui:essendo i singoli individui appunto una miscela non definibile a priori di virtù umanistiche e competenze scientifiche, cioè un’unione tra i due emisferi, destro e sinistro.

Il padre del metodo “centrato sulla persona”, fu Carl Rogers. Egli introdusse tale metodo come filone nuovo nell’ambito della psicologia.

Secondo tale filone, ogni persona ha dentro di se il potenziale per risolvere tutti i suoi più grossi enigmi. C. Rogers per coerenza contale intuizione non chiama i suoi pazienti “pazienti”, ma clienti; consapevole del fatto che non abbiano bisogno di alcuno che li curi, in quanto non in preda ad alcun male.

La citazione appena riportata, mi sembra di particolare attinenzariguardo ai concetti fondamentali della mappa del coaching: Ascolto, Autenticità, Alleanza, Accoglienza; concetto che si ritrova ancora, sempre nella mappa del coaching, nella tipologia della relazione: simmetrica tra coach e coachee (ossia paritetica: nessuno prevale sull’altro).

Senza consapevolezza, che ogni individuo abbia dentro di se tutte le potenzialità per risolvere ogni suo proprio enigma, decadrebbero a catena le A.A.A.A. della mappa e la simmetria della relazione, facendo mancare quindi uno dei pilastri su cui si basa il metodo del coaching: la Relazione (facilitante).

Esperienza personale

Prima di concludere riporto in breve quanto notato nella mia seppur brevissima esperienza di coach circa l’equilibrio imprescindibile tra i caratteri umanistici ed i caratteri scientifici tra i quali si articola la relazione di coaching.

Mi è capitato di cominciare, da coach, un percorso di coaching con una persona che conoscevo già, attualmente siamo al terzo incontro.

Gli incontri fin qui fatti sono stati tutti molto densi, intrecciati come è naturale, tra quanto sta al di fuori dalla relazione di coaching e quanto all’interno.

Chiariti un po’ alcuni elementi circostanziali, passo a porre l’attenzione sul punto che più mi interessa al momento: come si esplica l’equilibrio tra approccio umanistico e approccio scientifico nella mia esperienza di coach (dandocorpo e riscontro a quanto esposto sinora).

Ebbene la necessità di un equilibrio piuttosto flessibile si è manifestato in diverse occasioni ed una di queste si è presentata proprio sulla “soglia di ingresso”: abbiamo cominciato senza definire, almeno in modo conclamato, le regole del contratto!

Questa che sembra essere un elusione di una regola base (approccio scientifico) è stata bilanciata da alcune domande di “calibrazione” atte a capire, in basse alle risposte, se i punti cardine del contratto fossero chiari e ben accetti: volontà del coachee ad intraprendere un percorso di coaching, lavoro “attivo” da eseguire da parte del coachee, al coach ruolo di supporto esterno e responsabilità del lavoro al coachee.

In questo caso il valore aggiunto dato al metodo dalla possibilità di auto equilibrarsi all’uopo, sta nel fatto che, se avessi proposto al coachee “in pectore” il contratto in forma scientifica (o standard), il coachee avrebbe probabilmente evitato di intraprendere il percorso di coaching: nongià perché intimorito dal contenuto proposto dal metodo del coaching stesso(approccio umanistico), bensì perché intimorito dalla forma (approccio scientifico).

Ecco perché il fatto che il metodo possa giostrarsi su un equilibrio flessibile tra approccio umanistico e scientifico (ha strumenti di entrambe le aree) lo ha reso “centrato sulla persona”.

D’altro canto, mi sono subito reso conto di quanto importante ed utile sia stato il percorso proposto dalla mappa della sessione (approccio scientifico) per dare una struttura comprensibile al coachee stesso dei suoi propri pensieri.

Accompagnato da domande che hanno seguito in modo fedele la mappa della sessione proposta dal metodo, il coachee si è spesso trovato a definire con le sue stesse parole i confini della propria autoconsapevolezza.

In questo caso a differenza di quanto visto poco prima, è stato utile l’approccio scientifico a dispetto di quello umanistico. Anche in questo caso ciò ha portato ad una “centratura sulla persona” (cioè a “calzare il metodo sulla persona/coachee in questione).

Conclusioni

Per riassumere in breve il coaching è un metodo dotato di strumenti scientifici ed umanistici da potere (o forse dovere) utilizzare secondo un equilibrio facilitante del caoch e della relazione a tutto e solo beneficio del coachee e dei suoi METAobiettivi.

In sintesi tale equilibrio è così definibile:

assumiamo chiaramente la regola secondo la quale (strumento scientifico) esistono e devono coesistere tanto l’approccio scientifico quanto quello umanistico ma (strumento umanistico) in un equilibrio non definibile a priori !

[1]Fonte: “L’essenza del coaching” di F. Rossi e A. Pannitti, Franco Angeli Ed.

Alessandro Moscuzza
Business Development Manager & Business Coach
Legnano (MI)
alessandro.moscuzza@gmail.com

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